Patrick George Zaky, lo studente di origini egiziane bloccato al Cairo, resta in carcere. Questa la decisione dei giudici della Corte di Mansura sull'appello contro l'arresto presentato dagli avvocati dell'Egyptian initiative for human rights (Eipr), l'ong presso cui Patrick lavora.
L'esito dell'udienza è giunta pressapoco alle ore 12 locali di sabato 15 febbraio, dopo circa mezz'ora di camera di Consiglio. Ora, bisognerà attendere sabato 22 febbraio per capire quale sarà il destino dell'attivista egiziano accusato, tra le varie, di "sovversione". Sarà solo a seguito dell'udienza che, eventualmente, i suoi quattro legali potranno presentare un nuovo appello di scarcerazione entro il termine massimo di 30 giorni.
Zaky compare in aula visibilmente provato, vestito con una camicia verde e un jeans scolorito. Ai piedi, invece, un paio di sneakers senza nemmeno le stringe. È pallido in volto, stanco e affranto. "Come stai, Patrick?", domanda qualcuno. "Bene", risponde ma non convince granché: ai polsi ha ancora le manette. C'è una pausa di qualche secondo poi, lo studente scioglie le riserve: "Sono in una situazione pessima. Condivido la cella con 35 persone e solo una latrina. La finestra è piccolissima".
Come fosse il peggiore dei detenuti, Patrick viene messo nel gabbiotto di massima sicurezza scortato da una fila di guardie carcerarie. Sembra di assistere ad una esecuzione capitale con un plotone pronto ad aprire il fuoco. L'aula non è che un piccola stanzetta angusta, buia, senza neanche un pertugio da cui far filtrare la luce esterna. Dinanzi al ragazzo ci sono schierati i tre giudici della Corte di Monsura, tutt'attorno una dozzina di persone. Al suo fianco, in piedi, c'è l'avvocatessa Huda Nasrallah e gli altri legali della difesa. Alle spalle, invece, ci sono Marco Cardoni, primo segretario dell'Ambasciata italiana, e i mediatori diplomatici di Svezia, Usa e Canada. La scena è inquietante.
In dieci minuti, solo dieci, si ricostruisce l'intera vicenda che ha condotto all'arresto dello studente: il fermo in aeroporto al Cairo, l'arresto e le ore in cui è stato costretto a rimanere nudo dinanzi ai suoi carcerieri. Le torture, le frustate col cavo elettrico, vengono sottaciute. I legali provano a far valere le proprie ragioni con ardimento ma il giudice riconduce velocemente all'ordine. "Basta così", dice. Patrick resta in silenzio, a testa bassa.
Le guardie richiudono le manette ai suoi polsi, ben strette. Zaky si allontana verso un corridoio tetro, quello che lo condurrà nuovamente in cella. "Forza Bologna", sussurra con un sorriso a denti stretti. Non c'è niente da aggiungere.
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