Il politically correct entra in carcere e la cella diventa "camera di pernottamento"

Al via la rivoluzione del lessico carcerario voluta dal dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. Vietati dodici termini, come "cella" o "piantone", che saranno sostituiti da espressioni più politicamente corrette

Il politically correct entra in carcere e la cella diventa "camera di pernottamento"

La “cella” diventa “camera di pernottamento” e il “piantone” un “assistente alla persona”. È la rivoluzione politically correct che entra nelle carceri italiane, per volere del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. Secondo quanto riporta La Stampa, infatti, il ministero, con una circolare, ha invitato il personale che opera nelle carceri italiane a modificare il proprio linguaggio, considerato poco rispettoso nei confronti delle persone detenute.

Oltre ad essere giudicate offensive nei confronti dei detenuti, le espressioni usate finora nelle case circondariali italiane, contribuiscono, secondo il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ad accentuare “l’isolamento del detenuto dal mondo esterno”, creando “difficoltà per il possibile reinserimento”. La vita dentro il carcere, si legge nella circolare diramata dal ministero, dovrebbe essere “il più possibile simile a quella esterna”. Per questo dodici espressioni comunemente usate nelle carceri italiane e ritenute offensive, sono finite nella “black list” del ministero, per essere sostituite con termini considerati più politicamente corretti.

Tra questi, la “cella” dovrà essere chiamata “camera di pernottamento” e il “piantone” sarà denominato “assistente alla persona”. Non si potrà più dire “spesino” né “stagnino” ma, rispettivamente, “addetto alla spesa” e “idraulico”, e “dama di compagnia” dovrà essere cambiato in “compagno di socialità”. Il "porta vitto" sarà "addetto alla distribuzione pasti" mentre il "cuciniere" dovrà essere chiamato "addetto alla cucina". L'utilizzo, anche istituzionale, di questi termini, si legge nella circolare del ministero della Giustizia, è stato considerato una "prassi errata" anche dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti, durante alcune visite nei penitenziari italiani. Per questo, le nuove espressioni, secondo quanto riporta Repubblica, dovranno essere usate, intanto, nelle comunicazioni formali. Per capire se riusciranno ad attecchire nel lessico comune all’interno delle case circondariali, invece, ci vorrà probabilmente più tempo.

La decisione, però, ha suscitato alcune critiche. Tra evasioni sempre più frequenti e carceri sovraffollate, ai sindacati, come l’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), quello della modifica del lessico sembra essere l’ultimo dei problemi.

Per Leo Beneduci, segretario generale dell’organizzazione, “l’amministrazione penitenziaria è ormai alla frutta” e ha “troppo tempo a disposizione da destinare a situazioni diverse rispetto al lavoro necessario ad affrontare e risolvere i gravissimi problemi del personale di polizia penitenziaria e della popolazione detenuta nell'attuale e scadente sistema penitenziario italiano", si legge in una nota diffusa dal sindacato.

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