Per Giuseppi gli italiani sono tutte Cenerentole

Lettera aperta di un cronista al premier: "Quando smetterà di trattarci come Cenerentola?"

Per Giuseppi gli italiani sono tutte Cenerentole

Mi chiamo Davide Bartoccini, faccio il giornalista, ho 33 anni, e vorrei sapere quando il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte smetterà di trattarmi come Cenerentola. Che, per la cronaca, vantava un patrimonio di 120 minuti in più del mio tempo. Del nostro tempo.

Al principe azzurro, o nel mio caso alla principessa, non bado neanche più: non è tempo di cercare congiunti che non si è trovati prima, figuriamoci adesso - potrebbe essere pericoloso. I balli li evito. So che qualcuno ne fa e ne ha fatti: in alberghi, resort, appartamenti presi in affitto cercando di ingannare Airbnb e polizia postale, o scantinati; ma per adesso - anche se inizio a sentire seriamente la mancanza di indossare uno smoking, e magari ordinare un Martini, o fosse anche solo qualcosa di diverso dal pigiama per ordinare una pinta di Guinness dopo un beer pong - posso attendere.

Fare feste e festini mi sembra ancora immorale. Fare riunioni familiari con nipoti e parenti mi sembra inutile. Però vorrei davvero sapere fino a quando - mentre il mondo va avanti, i bambini e i ragazzi tornano a scuola, le metro, gli autobus, i filobus si sovraffollano - ecco dicevo: fino a quando sarò costretto, per un motivo non ancora spiegato, a rincasare alle dieci della sera? Ben due ore prima di Cenerentola - che tra l’altro aveva un cocchiere con la zucca e un gruppo di adorabili topi che l’aiutavano a preparasi per uscire.

Veda Presidente, sarà che forse sono stato troppo esuberante in gioventù, mea culpa la voglia di vivere. Ma sono stato anche troppo corretto. È per questo che ho sempre preferito contrattare con i miei genitori un orario per il rientro a casa, la sera, consono alle mie necessità: che si spostano e si spostavano di pari passo con quelle della mia crescita e con le abitudini dei miei coetanei; abitudini che hanno scandito pubertà, maturità, e una certa parte dell’invecchiamento della generazione “Millenial” (dopo 18 anni si cessa di crescere e si inizia ad invecchiare), senza mai dire una bugia. Cosa che, lo dico anche con una certa soddisfazione, mi rende tuttora fiero.

Ora perché Lei vuole costringere me e tanti altri cittadini e cittadine a mentire alle forze dell’ordine, ponderando scuse bislacche che farebbero venir meno la nostra integrità morale, ma soprattutto il loro ruolo di tutori della legge; che negli interrogatori assumono allo stesso tempo un tono inquisitorio da Gestapo, ma anche un tono ridicolo, sul genere di certe suocere pettegole che non si fanno mai gli affari loro: “Buona sera. Dove sta andando? Come mai circola a quest’ora? Patente, libretto e autocertificazione”.

Ecco le risposte, le scuse anzi, le bugie, le balle, se preferisce il termine, possono spaziare dal plausibile allo spaziale. C’è chi potrebbe dire: “Mi sono addormentato sul divano di un amico perché il film era noioso e dato che soffro di sciatica (motivo di salute) alla mia età vorrei evitare di passare una settimana piegato come un star tack. Se li ricorda gli star tack?”. Oppure: “Una signora anziana ha parcheggiato male in curva della via privata dove ero in visita, secondo “concessione di ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri”, e dato che è un po’ sorda e aveva staccato l’apparecchio per l’udito, ci sono volute svariate ore per rintracciarla, citofonare, svegliarla e via dicendo via dicendo”. E si potrebbe andare avanti. Chi di mestiere scrive ne ha di fantasia. Ma anche chi non scrive e si è solo stancato di tornare a casa alla stessa ora di quando aveva 15 anni. Perché non tutti hanno una buona situazione a casa, o una famiglia, o degli amici vicini, o una vita serena. Potrei continuare ma non voglio tediare.

Di non poter più cenare normalmente con un’amante, un amico, i genitori, ad un orario normale poi - perché magari si lavora in smartworking, noi come loro, fino alle 19.30 (ma anche oltre), nemmeno a dirlo. Ci si deve catapultare fuori casa per mangiare un boccone verso le 20.30. Dopo essersi vestiti, aver percorso il tragitto, aver trovato parcheggio - nei casi peggiori averlo anche pagato (a Roma per esempio la sindaca Raggi non la manda a dire) -, essere salito, aver speso i convenevoli di rito, essersi seduti a tavola aver bevuto un frullato di vitello tonnato con l’imbuto; aver salutato ed essere scesi a riprendere la macchina sperando che un’anziana sorda signora non abbia davvero parcheggiato male - sul serio - alla fine della strada.

Pensare al consumare un amplesso poi, delle dolcezze nell’intimità senza trattenersi a dormire - sa non tutti possono ospitare al tempo dell’amore liquido teorizzato da Bauman - diventa una follia al limite dell’eiaculazione precoce coatta. Insomma, per farla breve Presidente - e so che mi sono dilungato -, non le sembrerebbe più adeguato, più corretto, più inoppugnabilmente giusto, toglierci dall’imbarazzo della menzogna che ci spinge quasi all’illecito, a noi adulti tra i 20 e i 40 anni - che tra l’altro verremo vaccinati forse per ultimi e chissà quando, di questo passo - e lasciarci tornare a casa all’orario che preferiamo nel libero arbitrio che ci ha concesso la nostra età?

Dico questo perché, come accennavo faccio il giornalista, ho 33 anni, cerco di vivere come un adulto in un paese e in un epoca dove ormai si diventa uomini “fatti” a quarant’anni.. ma l’altro giorno ho dovuto dormire sul divano di una coppia di amici; e la moglie al mattino, mentre si preparava per andare a lavoro, mi ha guardato con un misto di tenerezza e imbarazzo. In pigiama e con lo spazzolino in bocca.

Ma io 400 euro di multa non me li posso permettere così alla leggera.

E di prendere in giro un carabiniere, un poliziotto o un finanziere che magari è anche più giovane di me, e sta facendo il suo dovere, per potermi godere un briciolo di vita, mentre sono sull’orlo di una crisi di nervi come mezzo pianeta, no, non me la sento. Non mi sembra giusto. I miei genitori, mi hanno insegnato a non dire bugie. E io cerco di non deluderli.

I miei rispetti

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