Il 6 settembre 2020 veniva brutalmente ucciso Willy Monteiro Duarte, durante un pestaggio da parte dei fratelli Bianchi mentre difendeva un amico fuori da un locale di Colleferro. Per i due è stato disposto l’ergastolo e, notizia di questa settimana, è stata stabilita la somma risarcitoria che spetta alla famiglia Monteiro Duarte. Il presidente della Corte d’Assise di Frosinone, Francesco Mancini, ha imposto un importo pari a 550mila euro: 200mila euro ai genitori della vittima e 150mila euro alla sorella, da versare “immediatamente”, come specifica la sentenza.
A destare preoccupazione è il fatto che i due fratelli, ormai in carcere, risultano nullatenenti, come – allo stesso modo – la famiglia Bianchi, che prima di specifici accertamenti percepiva il reddito di cittadinanza.
A chi spetterà quindi risarcire la famiglia del giovane ucciso? Ne abbiamo parlato con l’avvocato penalista Lodovica Giorgi, che esercita da più di 30 anni, ex segretaria dell’unione delle camere penali italiane ed ex presidente – sia prima che dopo la carica nazionale – della camera penale di Lucca.
“Se il debitore non ha denaro, non c’è risarcimento”, esordisce Giorgi spiegando poi come in Italia la tutela delle vittime di omicidio volontario sia vergognosa e ricostruendo il cammino travagliato del nostro Paese su questa materia. “Il Consiglio dell’Unione europea nel 2004 ha fatto una direttiva per introdurre l’obbligo per cui ogni Stato membro dovesse creare un fondo per indennizzare le vittime dei reati intenzionali”, che – tradotto – corrisponde a tutti quei reati dolosi.
“L’Italia – prosegue – non ha assolutamente fatto niente per dieci lunghi anni fino a quando, il 22 dicembre 2014, la Commissione Europea chiede alla Corte Europea di sanzionare il nostro Paese. È così che nell’ottobre 2016 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea condanna l’Italia anche se essa, il 7 luglio 2016 – pochi mesi prima ndr – aveva finalmente istituito una legge, la n°122, sul il diritto di indennizzo per il reato doloso che spetta, però, solo ai genitori e in mancanza di essi ai fratelli e sorelle”. Nel caso di Willy, quindi, al contrario di quanto dice la sentenza, l’indennizzo spetterebbe solo a madre e padre, lasciando fuori la sorella per cui sono stati richiesti 150mila euro.
“Ma c’è di più – prosegue l’Avvocato Giorgi – l’indennizzo previsto dall’Italia e stabilito dopo 12 anni, al 31 agosto 2017 prevedeva solo una somma di 7200 euro complessivi per i genitori delle vittime. Una somma irrisoria e per la quale è intervenuta di nuovo la Corte di Giustizia Europea, sollecitata dalla Corte di Cassazione Italiana, mettendo in discussione, mediante un nuovo procedimento, la somma stabilita. Nel 2019, quindi, l’Italia adegua l’indennizzo a 50mila euro complessivi in caso di omicidio volontario, con valore retroattivo”. In pratica all’Italia è servita la condanna della corte di giustizia dell'unione europea per l’inadempimento della direttiva del 2004 ma, nonostante ciò, nel caso di Willy sembra non ci sia niente da fare.
“Alla famiglia di Willy è riconosciuto una provvisionale e cioè un compenso immediato in attesa che il giudice civile stabilisca a quanto ammonta il risarcimento finale. Ma – spiega l’avvocato – l’indennizzo, per sua natura, non ha nulla a che vedere con il risarcimento del danno che è personale e spetta pagare, appunto, ai condannati. Inoltre, per la legge, è obbligatorio che i parenti della vittima, e quindi la famiglia Monteiro Durante, debbano per forza aver provato a fare l’azione esecutiva e quindi la causa civile ai fratelli Bianchi, nonostante sia inutile”.
Gli stessi legali che difendono la famiglia, infatti, avevano già dichiarato la perdita di tempo di tale azione, ma la legge parla chiaro. E, sempre sull’ipotesi riferita dagli avvocati di Willy di ricorrere alla giustizia europea, Giorgi riferisce: “Personalmente penso che, anche in questo caso, si arriverebbe poco lontano essendo la questione già andata all’attenzione della commissione europea e avendo già, prima sanzionato l’Italia, e poi richiesto di adeguare l’indennizzo. Ai fratelli Bianchi sarà pignorato lo stipendio, qualora un giorno uscissero, oppure quello relativo ai lavori in carcere: niente di più”.
In sintesi, quindi, ciò a cui possono aspirare quei genitori a cui è stato ammazzato un figlio a calci e pugni è un massimo di 50mila euro complessivo, escludendo di fatto la sorella.
Ma c’è di più, la ciliegina sulla torta. “Non è comunque sicuro che la famiglia riceverà questa, seppur minima, somma – procede l’ex segretaria nazionale dell’unione delle camere penali – In questo processo la prima iscrizione era omicidio preterintenzionale, poi la procura della Repubblica ha cambiato l’imputazione in omicidio volontario, motivo per cui i fratelli Bianchi sono stati condannati all’ergastolo. Con tutta probabilità essi faranno appello e, se per caso venisse riconosciuto di nuovo l’omicidio preterintenzionale, la legge sull’indennizzo non è applicabile”.
In pratica, vista la lunghezza dei processi, se in appello riconosceranno che i fratelli in realtà non volevano uccidere Willy, ma solo pestarlo di botte e che la morte è sopraggiunta senza volerlo, alla famiglia del giovane non verrà riconosciuto niente.
Un giovanissimo ritrovato senza vita per strada, dopo le botte che l'hanno portato alla morte, e, per quanto i soldi non potranno mai far tornare indietro Willy, la famiglia è, nel migliore dei casi, costretta ad accontentarsi di un massimo di 50mila euro complessivi.
“La
famiglia di Willy ha poco margine purtroppo. Ormai la direttiva europea è attuata e precisa bene come un indennizzo non è e non deve essere un risarcimento. È una vergogna”, conclude l’avvocato Lodovica Giorgi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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