Q uesta è la storia di un peccatore. Non è però uno di quelli tradizionali. Non ha a che fare con il sacro, la religione, la fede. È un uomo accusato di avere peccato contro la scienza. Si chiama Andrea Crisanti e di professione fa il medico. È un microbiologo. Quelli che non lo amano ripetono spesso che si occupa di zanzare. Cosa ha fatto? Ha seminato dubbi. Davanti al vaccino anti Covid si è comportato un po' come San Tommaso. Aspetta. Vuole vedere i dati. Non può essere l'azienda che li produce o la politica a dire che non ci sono rischi. È la comunità scientifica che deve dare una risposta. Non è un No vax, ma il suo discorso in pochi giorni è diventato un caso.
È il Comitato tecnico scientifico a mettere nero su bianco la condanna. «Le parole di Crisanti sono inaccettabili. Sarebbe opportuno evitare posizioni personali che nulla hanno a che vedere con la scientificità della questione». Di fatto è una scomunica. Crisanti viene messo all'indice. Ecco il peccatore.
È qui il cuore di questa storia. Non conosci Crisanti. Non ti sta neppure particolarmente simpatico, ma ti fai una domanda: cosa c'entra il peccato con la scienza? È spiazzante. È come se questa cerchia di esperti e consulenti del governo avesse indossato un abito diverso, un paramento sacro, che sa di secoli lontani, una tonaca bianca con su una cappa di lana scura. Un comitato governativo che certifica quali parole siano accettabili o non accettabili. Davvero questo non vi turba? Non è qualcosa di così scontato. In nome di chi e di cosa? Della salute pubblica? Del bene comune? Del sacro principio dell'opportunità? Una volta un amico professore universitario confessò che ormai nelle accademie tirano in ballo l'opportunità per censurare le parole tabù. Non ti dicono è vietato. Ti dicono non è opportuno. Solo che ti stanno togliendo la libertà di espressione, qualche volta perfino di pensiero. Allora ti chiedi se c'è ancora un diritto all'eresia.
Crisanti, ti dicono, non è un eretico. È stato irresponsabile. Non si è reso conto delle conseguenze delle sue parole. Non è più ormai un medico sconosciuto. È uno che parla in televisione. Influenza. Magari è in buona fede, ma quello che dice suggerisce comportamenti scellerati sulle masse ignoranti. È il discorso del popolo bue in balia degli imbonitori.
Neppure questa però è una cosa da poco. È un principio platonico e aristocratico. La «gente», meschina e ignorante, non sa riconoscere il bene. C'è bisogno di una casta di saggi che li indirizzi.Se tutto questo è vero perché allora ci fate votare?
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