Tornerà al lavoro anche senza vaccino e potrà visitare di nuovo i pazienti. Una psicologa toscana sospesa dall'ordine professionale perché non in regola con l'obbligo vaccinale dovrà ora essere riammessa all'esercizio del proprio impiego pur in assenza della puntura anti-Covid prevista per legge. Lo ha deciso il giudice con un provvedimento d'urgenza destinato a destare scalpore. Le motivazioni della delibera, infatti, lasciano esterrefatti ma sono chiarissime: la donna - si legge nella misura del tribunale - non può "essere costretta, per poter sostentare se stessa e la sua famiglia, a questi trattamenti iniettivi sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel suo dna, alterandolo in un modo che potrebbe risultare irreversibile, con effetti ad oggi non prevedibili per la sua vita e salute".
Secondo la giudice del tribunale civile di Firenze, la psicologa potrà dunque tornare al lavoro "alla stessa stregua dei colleghi vaccinati". Nel provvedimento con il quale è stato accolto il ricorso della dottoressa, assistita dall'avvocato Raul Benassisi, si leggono inoltre ulteriori e spiazzanti valutazioni. "A tutt'oggi dopo due anni ancora non si conoscono i componenti dei sieri e gli effetti a medio e lungo termine come scritto dalle stesse case produttrici mentre si sa che nel breve termine hanno già causato migliaia di decessi ed eventi avversi gravi", recita il provvedimento. Inoltre, ha scritto la giudice, "la sospensione dell'esercizio della professione rischia di compromettere beni primari dell'individuo quale il diritto al proprio sostentamento e il diritto al lavoro".
Nel provvedimento di revoca della sospensione, inoltre, si ravvisano anche considerazioni sullo stesso "trattamento iniettivo contro la Sars Covid", il cui scopo è impedire la diffusione della malattia e assicurare condizioni di sicurezza in ambito sanitario. "Uno scopo irraggiungibile" si legge. E a indicarlo sarebbero gli stessi dati Aifa che "riportano un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico delle infezioni e dei decessi proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi".
Nella motivazioni compaiono inoltre riferimenti al periodo del nazifascismo e ai segreti militari. Sull'obbligo vaccinale, infatti, viene aggiunto che l'articolo 32 della Costituzione "dopo l'esperienza del nazifascismo non consente di sacrificare il singolo individuo per un interesse collettivo vero o supposto e tantomeno consente di sottoporlo a sperimentazioni mediche invasive della persona, senza il consenso libero e informato". E ancora: "Un consenso informato non è ipotizzabile allorquando i componenti dei sieri e il meccanismo del loro funzionamento è, come in questo caso, coperto non solo da segreto industriale ma anche, incomprensibilmente, da segreto 'militare'".
Il 15 settembre il giudice entrerà nel merito della causa sentendo anche l'Ordine degli psicologi, che nel frattempo ha annunciato di volersi difendere attraverso le più opportune forme e nelle sedi preposte, "nel rispetto della legge e a tutela della Salute della comunità". "Non accetteremo ob torto collo questo provvedimento.
Pertanto ci opporremo", hanno fatto sapere dall'Ordine degli Psicologi della Toscana.Intanto la decisione del tribunale, non certo la prima in Italia a esprimersi in tal senso, potrebbe potrebbe aprire la strada a numerosi altri ricorsi in tutto il Paese.
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