Il simbolo e la famiglia distrutta

I bambini sono in terra, la morte in cielo. È un sabato di metà settembre di quelli senza attese, in un pomeriggio grigio dove il caldo un po' alla volta sta scappando via

Il simbolo e la famiglia distrutta
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I bambini sono in terra, la morte in cielo. È un sabato di metà settembre di quelli senza attese, in un pomeriggio grigio dove il caldo un po' alla volta sta scappando via. Una famiglia si muove in auto sulla strada che scorre parallela all'aeroporto di Caselle, quasi venti chilometri dal centro di Torino. Sono partiti da poco, abitano proprio a San Francesco al campo. Una madre, un padre, un figlio di nove anni e poi la più piccola, che ne ha cinque appena. Qualcuno sta guardando in alto, perché questo sembra un giorno di festa. C'è questo arcobaleno bianco, rosso e verde che segue la scia di una pattuglia di (...)

(...) aerei. Solo uno rompe la formazione, il Pony 4, con il motore che borbotta e si attarda, forse per aver incrociato e inghiottito uno stormo di uccelli. L'uomo, le macchine e la natura non sono fatti per stare insieme nello stesso istante. Aermacchi MB.339 tossisce e si fa in mille pezzi, tutto accade troppo velocemente, il pilota fa in tempo a sganciarsi e a sussurrare una preghiera. Si chiama Oscar Del Do', maggiore dell'aeronautica, e si sentirà un sopravvissuto. L'aereo precipita imbizzarrito. Ci sono fiamme e fumo, quelli che scendono giù sono blocchi di metallo che si sparpagliano senza una rotta precisa, potrebbero andare ovunque, ma colpiscono proprio l'auto, dove dentro c'è la famiglia, e la bambina che non immaginava di dover morire. Il fuoco non lascia respiro. Questa è la cronaca di una tragedia, il resto saranno più o meno solo parole.

Sì, ci saranno i soliti discorsi. Inquinano. A che servono? Quanto costano? Lo puoi dire di tutti gli spettacoli che non sono a costo zero, quando per forza ti serve un colpevole. Acrobazie. Le frecce tricolori non sono solo dieci aerei da circo. È una tradizione che debutta nel 1961, con il boom economico, con un Paese che sogna di volare, quasi a inseguire le parole di Migliacci e la voce di Modugno, con l'idea di ritrovarsi in un dipinto di Chagall. Sì, sono un simbolo, un immaginario, quel tipo di cose che spesso ti rendono orgoglioso, o magari te ne freghi, ma stanno lì, a definire quel concetto difficile da spiegare che si chiama italianità. Non è solo roba nostra. Tutti i popoli ci tengono ai loro feticci. È una storia antica e serve a incarnarsi in un'idea più o meno comune. È quella che in breve si chiama comunità. Ecco perché ci sono le frecce tricolori. Sono come la Ferrari, che pure ha scontato tante tragedie, e non a caso porta sulla vernice rossa quel cavallino rampante di nero lutto in campo giallo che era lo stemma di Francesco Baracca, l'asso della prima guerra mondiale morto a 30 anni sul Montello, il colle che guarda al Piave. È sempre destino di aviatori.

Qualche volta la maledizione si sente nell'aria. Non è stato un anno fortunato questo per le frecce e capita proprio nel centenario dell'aeronautica. Ad aprile è morto uno dei piloti della squadriglia, il capitano Alessio Ghersi, il Pony 5 della formazione acrobatica, cioè il secondo gregario alla destra del capo. Era in volo con un velivolo ultraleggero, un Pioneer 300, e si è schiantato sul Monte Musi, nell'Alta valle del Torre, nel comune di Lusevera, provincia di Udine. Di peggio c'è solo quel 28 agosto 1988, quando una freccia tricolore a Ramstein, in Germania, è precipitata causando la morte di 67 persone. Anche allora si parlò di scioglierle.

A terra, in ospedale, c'è una famiglia che vive un vuoto tremendo, di quelli che non si ha la forza di raccontare. Non puoi spiegarti perché capita proprio a te, con un padre che continua a chiedere dove sia la più piccola e una madre che non trova le parole. Non c'è una ragione. Non c'è nulla che si possa dire. Non ci sono ragionamenti da fare, perché bastava un minuto più tardi o un secondo più in fretta perché questo sabato maledetto fosse soltanto una giornata normale. Si farà troppe domande Oscar Del Do', cercando una risposta a quello che poteva fare e non ha fatto.

È un attimo e ti sbalzi dall'aereo e ti resta il dubbio se potevi ancora governarlo. Neppure qui c'è una risposta. Le cose a volte accadono perché accadono, senza darti il tempo di pensarci. Sai solo che nulla sarà purtroppo come prima.

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