All'appello mancano circa 600 euro l'anno per chi ha un reddito di almeno 28 mila euro. E a sottrarli dalle nostre tasche è proprio il Fisco. Più pesante la "mazzata" per chi ad esempio ha un reddito da 110 mila euro: per strada lascia "solo" 786 euro versandoli nelle casse dell'erario. Il tutto grazie all'Irpef annuale che paghiamo in più con scaglioni inadeguati al costo della vita. Da circa 10 anni questi scaglioni sono rimasti invariati con tutte le conseguenze che si sono abbattute sulle tasche degli italiani. E a svelare il meccanismo è stata la Cgia di Mestre con una ricerca per L'Economia del Corriere.
E così Paolo Zabeo, responsabile dell'Ufficio Studi della Cgia spiega cosa accade da 10 anni a questa parte: "Negli ultimi anni si è parlato molto poco di fiscal drag sia perché l’inflazione è stata bassa e in alcuni periodi negativa, sia a causa della dimensione molto contenuta degli aumenti contrattuali — sottolinea a L'Economia -. Tuttavia, se guardiamo oltre il breve periodo ci accorgiamo che il pericolo che il potere di acquisto dei contribuenti si riduca per l’effetto della progressività dell’Irpef e dell’inflazione è sempre presente". L'unico correttivo messo in campo riguarda i redditi più bassi. Il mancato recupero del fiscal drag, ovvero un prelievo fiscale crescente in conseguenza dell'accresciuto valore nominale della base imponibile determinato dall'inflazione, ha portato nelle casse dello Stato un extra-gettito di 4,7 miliardi all'anno. E non c'è stato alcun provvedimento da parte del governo per rilevare l'effetto dell'inflazione sull'Irpef. Con gli scaglioni bloccati, i redditi in crescita nominale sono stati tassati con l'aliquota marginale più alta. E così con un reddito da 31mila euro si pagano in più 603 euro, 630 con un reddito di 56.000 e 786 con 124.000 euro.
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