Torna l'incubo trombosi: come riconoscerla e cosa fare

A causa delle rare trombosi nella popolazione più giovane, il vaccino di AstraZeneca verrà destinato definitivamente agli Over 60: ecco quali sono i sintomi per riconoscerle in tempo

Torna l'incubo trombosi: come riconoscerla e cosa fare

La morte di Camilla Canepa, 18 anni, due settimane dopo la prima dose di AstraZeneca, getta un'ombra definitiva su questo vaccino ed accresce l'ansia per il rischio trombosi soprattutto nei giovani a seguito dell'inoculazione del siero anti-Covid.

Come riconoscere i segnali avversi

È per questo che (troppo tardi), il Cts si sta orientando verso una linea definitiva che imponga questo vaccino agli Over 60 destinando ai giovani soltanto i vaccini ad Rna come Pfizer e Moderna. Ma come riconoscere le trombosi, quali sono i segnali avversi? Senza impanicare nessuno, la farmacovigilanza ha ricevuto 45 segnalazioni di casi di trombosi rare su quasi 9 milioni di dosi AstraZeneca, un numero esiguo del quale però si deve tener conto. Per quanto se ne sa, inveve, non sono stati osservati eventi trombotici con i vaccini ad Rna messaggero, che li rende senz'altro più affidabili e sicuri. Secondo alcuni dati europei, le trombosi venose cerebrali o in sede atipica riguardano, mediamente, un caso ogni 100 mila dosi somministrate prevalentemente persone al di sotto dei 60 anni e, al momento, si sono verificate quasi esclusivamente dopo le prime dosi di Vaxzevria. Invece, per l’altro vaccino a vettore virale della Johnson&Johnson non è ancora possibile trarre conclusioni per una minore quantità di dosi utilizzate.

Cosa fare

I sintomi delle rare trombosi rare possono presentarsi tra i 5 ed i 21 giorni dopo la somministrazione del vaccino a vettore virale e possono colpire diverse parti del corpo. Si riconoscono con il gonfiore a un braccio o a una gamba, dolore addominale che non si risolve, cefalea, visione offuscata, vertigini, difficoltà a respirare, dolore toracico, tachicardia, emorragie e lividi richiedono un’allerta dei soccorsi. Come ci siamo recentemente occupati (qui un nostro articolo), è importantissimo che il disturbo sia trattato rapidamente ed una cura c'è già: il protocollo prevede la somministrazione di immunoglobuline e anticoagulanti. Il perché questi eventi colpiscano soprattutto giovani donne è stato spiegato al Corriere dal Prof. Mannuccio Mannucci, ematologo e membro della commissione Aifa per la valutazione del rischio trombosi associato ai vaccini anti Covid. "L’autoimmunità è più frequente nelle giovani donne e l’incidenza della Vitt conferma questa caratteristica. Generalmente le malattie autoimmuni hanno due picchi, nell’età giovanile e in quella senile. In questo caso invece, tranne rari casi, le trombosi rare non colpiscono gli anziani".

Una ricerca tedesca che fa luce sulle trombosi

Poco tempo fa abbiamo analizzato i risultati di una ricerca tedesca che avrebbe trovato la causa che ha portato agli eventi tromboembolici nei vaccini con adenovirus: il problema dipende da un errore della proteina Spike che potrebbe essere modificata per evitare che avvenga la separazione annullando, così, il rischio di effetti collaterali o reazioni avverse. "Con i dati che abbiamo nelle nostre mani possiamo dire alle aziende come mutare queste sequenze, codificando per la proteina spike in un modo che prevenga reazioni di separazione non programmate", hanno scritto i ricercatori. Proprio poche settimane fa, al giornale.it avevano sentito il parere del Prof. Sergio Siragusa, Direttore U.O.C di Ematologia del Policlinico di Palermo e Vice Presidente SIE (Società Italiana di Ematologia). Nel nostro approfondimento (qui il link), Siragusa ci aveva detto che "per un meccanismo ancora da chiarire, l’esposizione al vaccino sembra innescare una reazione immunologica che distrugge le piastrine ma, contemporaneamente, attiva quelle che rimangono, rendendole più attive". La risposta, adesso, potrebbe essere davvero quella degli studiosi tedeschi.

Cosa deve fare chi ha già ricevuto la prima dose

Al momento non è possibile "mixare" i vaccini anche se si sta cercando di capire rapidamente se è possibile fare la seconda dose con un siero diverso dal primo: una delle combinazioni ipotizzate comprende la prima dose di AstraZeneca e la seconda di Pfizer, come ha confermato il Prof. Massimo Ciccozzi, epidemiologo del Campus Bio-Medico di Roma, nella trasmissione "Porta a Porta" su Rai Uno. Secondo alcuni studi, il mix di vaccini potrebbe aumentare la risposta immunitaria e stimolare la produzione di anticorpi specifici contro il Covid anche se non ci sono dati definitivi perché il numero di persone testate è ancora ridotto. Chi ha ricevuto la prima dose di AstraZeneca senza alcun sintomo particolare può comunque fare il richiamo con lo stesso vaccino.

Cosa accade in Europa

Il Regno Unito, primo Paese ad utilizzare Astrazeneca, ne ha sconsigliato l'uso alle persone sotto i 40 anni. Germania ed Olanda invece, ne consigliano l'uso per le persone sopra i 60 anni mentre in Francia e Belgio la soglia è fissata a 55; in Finlandia e Svezia il limite è dai 65 anni in su mentre la Spagna ha deciso di somministrare Vaxzevria solo ai nati tra il 1952 e il 1961 (60-69 anni). Soltanto l'Italia, in pratica, lo somministra ancora alla popolazione più giovane.

L'Ema, Agenzia Europea per i medicinali, tra l'altro, ha ormai ampiamente riconosciuto l’esistenza di un possibile legame tra Vaxzevria/Janssen e la "trombocitopenia trombotica immune indotta da vaccino" (la Vitt di cui abbiamo parlato prima). Cosa si aspetta, ancora, a mettere in sicurezza i giovani?

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