Le frontiere sono un'illusione, segni un confine e pensi di sentirti più sicuro, poi scopri che il mondo è troppo piccolo e turbolento e disordinato perché si stia tutti fermi. C'è sempre qualcuno che parte per scappare da qualcosa e cercare un approdo che spesso è un'altra fregatura. È che quando sei disperato non ti resta che sperare in un'altra vita, sempre che sopravvivi, perché il viaggio in questo caso è una roulette russa con il mare, con il deserto, con la tua paura e con quella degli altri, con gli imponderabili incroci di umanità che non si riconosce, con quello che sei e come ti vedono, vittima o carnefice, povero cristo o minaccia. Non sembra che ci sia una formula per dare una risposta a tutto questo. È lo scenario delle migrazioni di masse senza quiete. Forse è così da sempre, forse adesso è più frenetico e i numeri sono quelli della globalizzazione, dove ogni cosa viene elevata al quadrato, al cubo, a n più uno. L'Europa si sente crocevia dell'esodo e ogni Stato ha chiesto all'altro di fare qualcosa, lamentandosi, accusandosi, ognuno con la convinzione di aver già fatto troppo e che in fondo non ci possa essere una risposta comune.
Il Mediterraneo, mare nostro, è la sponda della morte e della speranza. L'Italia è terra di approdo e di passaggio. Non ci si arriva chiedendo permesso, perché chi gestisce i viaggi è fuorilegge. È da lì che arriva il guadagno. È il profitto del malaffare: illegalità, rischio e disperazione. L'immigrazione clandestina, anno dopo anno, per tanti anni, è stata al centro della scena politica, generando miliardi di parole, che sono diventate identità, bandiera, scontro ideologico, flusso di voti, senza che nessuno sapesse davvero come uscire dalla propria bolla. Quella che veniva sentita come emergenza è ormai scontata, fino a quando il disordine del mondo non dà un'altra scossa, pandemia, guerre, carestie, e allora i numeri sobbalzano e se adesso li conti dicono che gli sbarchi sono quasi tremila e trecento in due giorni. C'è un'emergenza più emergenza e ti chiedi se prima o poi la discussione politica avrà una svolta. Se si esce dal gioco delle due bandiere: migranti sì, migranti no. Il fenomeno della grande immigrazione finora è stato trattato come calamita di consenso e questione con la quale definirsi. È come se fossero le tessere di due club alternativi. Da che parte stai? Con chi stai? Ong o Guardia costiera? La tragedia di Cutro ha aperto un nuovo fronte: di chi è la colpa? Si è arrivati a evocare, puntando l'indice, la strage di Stato. Il flusso nel Mediterraneo è un'emergenza nazionale ma non cambia nulla. I due partiti contrapposti non hanno alcuna intenzione di sedersi e dare una risposta a un fenomeno troppo grande da affrontare.
È più facile parlarci sopra. L'importante è fare chiasso e smuovere il pubblico, rumore e ancora rumore, come le onde del mare. Poi tutto passa, tutto viene digerito, gli sbarchi seguono gli sbarchi e i morti restano croci senza nome.
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