Anche le università sono costrette a subire gli effetti nefasti del coronavirus. Non pochi saranno gli studenti che sceglieranno l’ateneo più vicino casa perché considerato "più sicuro", soprattutto al Sud. Altri, invece, guardano all’incerto futuro cercando di essere già pronti in caso di nuovo lockdown e per questo punteranno sulle università più attrezzate nella didattica digitale, mezzo di formazione che si rivelerà indispensabile in caso di seconda ondata. Qualcuno, purtroppo, vedrà spezzarsi il sogno di prendere una laurea o di rimandare gli studi a causa della crisi economica provocata dalla pandemia
"Si prevede un crollo delle immatricolazioni, è un timore realistico ed è un rischio da scongiurare perché i giovani sono già le vittime dirette di questa nuova crisi", ha spiegato Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. Un intervento non casuale il suo ma che combacia con la pubblicazione della ventesima edizione della classifica delle università italiane. Questa volta, a differenza degli altri anni, la graduatoria tiene conto anche degli effetti dell’emergenza sanitaria. "Prevediamo comportamenti a geometria variabile- ha aggiunto ancora Valerii- percorsi più accidentati: chi si fermerà, chi rimanderà di uno o due anni gli studi universitari se la famiglia è in difficoltà. E si potrà fare meno affidamento sulla componente degli studenti esteri".
Quindi nell’immediato futuro si prevede una calo, anche forte, delle immatricolazioni. E i dati provvisori, che riguardano il 2019-20, non lasciano presagire nulla di buono: si è già calcolato, infatti, un -0,7% che va ad interrompe l'andamento positivo degli ultimi cinque anni. Il timore è che il quadro possa peggiorare. Ma di certezze non ve ne sono mentre le incognite sono tante. La paura è un fattore che ha il suo rilievo nella questione. Ma a pesare sono anche i tanti dubbi che su cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi. Del resto vale la pena di ricordare che con ogni probabilità lo stato di emergenza in Italia sarà prorogato fino al prossimo 31 dicembre. Inoltre, nel nostro Paese ci sono diversi focolai della malattia.
"Questa però è una crisi diversa dal 2008, perché è molto concentrata. Per questo nel sostenere un figlio negli studi può scattare il ragionamento: aspettiamo un anno per vedere cosa succede", ha sottolineato Valerii che ha invocato misure fiscali per sostenere gli studi universitari. La spesa pubblica in università è l'1% del Pil. Un dato davvero basso: peggio di noi fanno solo Grecia, Bulgaria e Romania.
Ma in attesa di capire cosa riserverà il futuro, il Censis ha diffuso la classifica delle università italiane. La graduatoria, su dati pre-Covid, misura gli atenei su sei voci: i servizi come mense e alloggi, le borse di studio, le strutture tra cui aule, biblioteche, laboratori, la comunicazione e i servizi digitali, i laureati occupati dopo un anno, l'internazionalizzazione. Diverse le riconferme ma anche qualche novità. Tutti gli atenei che già occupavano i primi posti vedono riconfermata la loro posizione: Bologna, Perugia, Trento, Camerino, politecnico di Milano e Bocconi guidano, come l'anno precedente, la classifica nelle rispettive categorie definite per numero di iscritti.
Per quanto riguarda i cosiddetti "mega atenei", quelli che contano oltre 40mila iscritti, non ci sono molte novità. In testa l'università di Bologna, prima con un punteggio complessivo pari a 91,5, inseguita come lo scorso anno da Padova (88,5). Al terzo e al quarto posto ci sono Firenze e La Sapienza di Roma (rispettivamente con 86,2 e 85,7). Centro classifica sale di una posizione Pisa. Male la Federico II di Napoli, ultima, staccata da Bologna di quasi 19 punti.
Tra i "grandi atenei", che vantano da 20.000 a 40.000 iscritti, vi è qualche novità. Sale di due gradini Pavia (90,3), che passa dal quarto al secondo posto. Questo ateneo incrementa di 9 punti l'indicatore relativo alle strutture, di 6 quello della comunicazione e dei servizi digitali e di 7 quello dell'occupabilità. Dati positivi che compensano il calo per le borse di studio e gli altri servizi in favore degli studenti (-7 punti). Perde due posizioni l'Università della Calabria, preceduta da Parma che con 90 punti si conferma in terza posizione. Cagliari, invece, guadagna quattro posizioni: questo buon risultato è dovuto ad un incremento dell'indicatore delle borse di studio e degli altri interventi a favore degli studenti. Al sesto posto c’è Milano Bicocca (87,7) che avanza di due posizioni, precedendo Modena e Reggio Emilia (87,5 punti) e Salerno (87,3 punti), che scivolano, rispettivamente, dal quinto al settimo e dal sesto all'ottavo posto. Tra le new entry vi è Ferrara.
Gli "atenei medi", da 10.000 a 20.000 iscritti, Sassari sorpassa Siena mentre Trieste perde una posizione e Udine tre. Al quinto posto, stabile, vi è l'Università Politecnica delle Marche che vede crescere i valori di tutti gli indicatori tranne l'internazionalizzazione.
Tra i "piccoli atenei", fino a 10.000 iscritti, spicca il dato dell'università Mediterranea di Reggio Calabria che incrementa di 20 punti l'indicatore delle strutture e scala di quattro posizioni sorpassando l'Università di Foggia, quest'anno terza in classifica con 83,7 punti. Sale di una posizione l'Università di Teramo (82,3 punti) posizionandosi quarta. Al quinto posto si piazza l'Università dell'Insubria (81,0 punti) seguita dall'Università di Cassino e del Lazio Meridionale (80,8 punti). Quest’ultima, rispetto allo scorso anno, perde tre posizioni e scende dal terzo al sesto posto.
Tra i politecnici, invece, la classifica anche quest'anno è guidata da quello di Milano (94,3 punti). Al secondo posto sale lo Iuav di Venezia (91,2 punti) che fa retrocedere in terza posizione il Politecnico di Torino (89,5). Per quanto riguarda gli atenei non statali vi è un’altra suddivisione. Tra quelli considerati grandi, con oltre 10.000 iscritti, anche ques’anno è in prima posizione la Bocconi (98,2 punti), seguita dall'Università Cattolica (81,8).
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