Come si fa a ricostruire scene del crimine complesse? Come si risolvono i casi in cui c'è almeno una vittima? Come si possono rilevare gli elementi capaci di dare risposte sulle modalità della morte, sull’orario e sulla scena del delitto? A queste domande risponde l’entomologia forense, ovvero quella disciplina che, attraverso lo studio degli insetti che si sviluppano sui corpi in decomposizione, riesce a chiarire aspetti che diversamente rimarrebbero oscuri per sempre. A spiegare a IlGiornale.it l’importanza della collaborazione di questi animaletti è l’entomologo Stefano Vanin, professore di Zoologia all’Università di Genova e presidente del Gruppo Italiano di Entomologia Forense (Gief) e dell’Associazione Europea di Entomologia Forense (Eafe). Vanin, il quale è stato anche professore di Biologia all’Università di Huddersfield nel Regno Unito, ha analizzato gli omicidi più complicati, tra questi anche alcuni casi mediatici.
Che differenza c’è tra gli elementi che vengono rilevati dal medico legale e dall’entomologo forense su un cadavere? Sono due figure professionali complementari ?
"Tra medico legale ed entomologo si lavora in sinergia. Il medico legale ha il compito di determinare la causa di morte, il tempo del decesso e punta le sue attenzioni sui fenomeni di trasformazione del corpo che avvengono dopo la morte. L’entomologo invece si occupa degli elementi che sono andati a colonizzare il corpo dopo il decesso, nello specifico gli insetti".
In che modo un insetto può darci informazioni sulla morte di una persona?
"Lo sviluppo degli insetti dipende dalla temperatura. Quindi, se si riesce a ricostruire la temperatura dell’ambiente dove il corpo è rimasto, allora si potrà stimare l’età degli insetti. Si va alla ricerca degli insetti più vecchi, ossia quelli le cui uova o larve sono state deposte per prime sul corpo, e questo dà la possibilità di effettuare una stima del tempo minimo del decesso. Dico questo perché c’è un lasso di tempo che serve alla mosca adulta per raggiungere il corpo. Magari la mosca sul cadavere arriva dopo qualche ora, mezza giornata dopo e da quel momento depone le sue uova dalle quali emergeranno le larve che si nutrono dei tessuti del cadavere. Dopo le prime mosche, altri insetti colonizzeranno il corpo in funzione del suo grado di decomposizione. Usando gli insetti, noi stimiamo il tempo minimo del decesso, ovvero l'età degli insetti che si sono sviluppati sul corpo. Gli insetti possono servire anche per valutare se il cadavere è stato spostato in un ambiente diverso rispetto al luogo dell’assassinio: se su un cadavere rinvenuto in un bosco trovo gli insetti che ci sono in città, posso ipotizzare che la persona sia stata uccisa in città e poi il suo corpo trascinato nel bosco. Naturalmente non si potrà mai capire se il corpo senza vita sia stato spostato da un ambiente urbano a un altro, o da un bosco a un altro, perché gli ambienti in questi casi sono simili e quindi anche gli insetti".
Nell’ambito della sua esperienza, quali dettagli impensabili è riuscito a far emergere?
"Negli old case, nei casi molto vecchi, questo tipo di studio mi ha permesso di riuscire a stabilire la stagione del decesso. Per esempio, nel caso di Elisa Claps erano passati 17 anni, ma gli insetti ci hanno raccontato la stagione in cui è avvenuta la morte, cosa assolutamente impensabile con qualsiasi altra tecnica. Siamo riusciti a stabilire che il decesso è avvenuto tra fine agosto e fine settembre e lei era sparita il 12 settembre. Un altro argomento molto interessante di cui ci stiamo occupando adesso è l’identificazione del cadavere anche quando non si trova più sul luogo del delitto. Nei casi di mafia ad esempio, quando il corpo viene portato altrove, dagli insetti che si trovano sulla scena del crimine si estrae il Dna del cadavere. Anche se in quel luogo non vediamo più il corpo, gli insetti ci raccontano che in quel posto c'era un cadavere e il Dna all'interno degli insetti permette di dare un nome e un cognome alla vittima".
C’è un caso mediatico di cui si è occupato che l’ha particolarmente colpito?
"Diciamo che tratto tutti i casi nello stesso modo: dall’ anziana che muore in casa al fatto di cronaca nazionale, direi che tutti mi fanno molta tristezza. Mi rattrista la solitudine di chi muore e la cattiveria di chi commette il crimine".
Lei ha trattato diversi casi che hanno avuto risalto mediatico come ad esempio quelli di Yara Gambirasio e Viviana Parisi. Quali sono state le maggiori difficoltà in questi casi?
"Non c'è un caso facile, tutti richiedono l’acquisizione di informazioni su scala più ampia. Nel caso di Yara Gambirasio, alcuni dati mi sono stati forniti gentilmente dai laboratori scientifici della Gendarmerie de France, l’analogo dei Ris italiani. Ogni caso ha delle sue specificità o peculiarità per cui utilizziamo un approccio standard che poi necessita una rimodulazione".
Quanto sono attendibili i risultati ricavanti dallo studio degli insetti?
"Be', questa è una domanda trabocchetto. Gli esami si basano sul metodo scientifico, per cui rispondono a tutte quelle che sono le clausole di un metodo scientifico. Comunque sono ripetibili e la bontà e la qualità del risultato dipende dalla disponibilità dei dati. In Italia siamo ancora un pochino indietro nella raccolta dei dati a livello nazionale, questo bisogna dirlo. Altro dato fondamentale, e che può in qualche modo influenzare l'accuratezza e la precisione delle stime, è la disponibilità di dati meteorologici adeguati. Per fortuna abbiamo una rete di rilevazione nazionale che è molto buona però non necessariamente la stazione è vicina alla scena del crimine. Per cui dobbiamo lavorare per fare la ricostruzione termica della scena".
Cosa significa la costruzione termica della scena?
"Praticamente si vanno a posizionare dei termometri sul luogo del ritrovamento del corpo, e si confrontano i dati che si registrano con quelli della stazione meteorologica più vicina, per capire quali sono le discrepanze. Le temperature della scena del delitto possono essere più calde o più fredde, ma talvolta possono essere anche totalmente diverse da quelle registrate dalla stazione meteorologica. Quindi bisogna applicare un po’ di statistica e matematica per ricostruire le temperature della scena prima del ritrovamento del corpo".
I fattori che determinano lo sviluppo di un insetto nel cadavere sono comuni o variano?
"Fondamentalmente il fattore numero uno è la temperatura. Quindi la frase di rito è che lo sviluppo di una mosca è temperatura-dipendente e specie-specifica: ogni specie ha il suo tempo di sviluppo che dipende dalla temperatura. Alcune mosche si sviluppano più velocemente a una certa temperatura, altre invece si sviluppano più velocemente ad altre temperature. Altro punto importante è l'eventuale presenza di droghe. Se una persona ha assunto stupefacenti o dei veleni, questi, in qualche modo, vanno a influenzare lo sviluppo degli insetti e bisogna tenerne conto. Poi c’è un altro parametro, ovvero l’accessibilità al corpo. Ad esempio, su un cadavere all'interno di un frigorifero gli insetti arriveranno con grande ritardo, perché il corpo non è immediatamente accessibile, visto che non si liberano subito le sostanze che attraggono gli insetti".
Ci sono nuovi obiettivi che questo ramo si prefigge di raggiungere?
"Il futuro sarà la microbiologia forense, quindi lo studio dello sviluppo dei microrganismi che colonizzano il corpo e si sviluppano in maniera più o meno prevedibile. Con gli insetti abbiamo ormai già capito come funziona. Poi sarà anche necessario interfacciarsi con tutte le altre discipline, in modo tale da fornire un quadro completo che è dato dalla somma dell'interazione con i risultati delle altre discipline.
Per quanto riguarda il territorio nazionale, l’obiettivo è quello di avere una mappatura nazionale di tutti gli insetti di interesse forense, e quindi di allargare le informazioni sul territorio. Progetto sul quale stiamo già lavorando".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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