Tramonta l’epoca dei vini espressione rigorosa di una terra. Il meltin’ pot, il meticciato è anche nelle botti più famore. Un goccio di sangue “terrone” è, infatti, nelle botti di vino Brunello, bandiera della Toscana. La notizia, che ha sorpreso tutti gli appassionati di vino, viene dal Crea (il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) che ha dimostrato, secondo notizie diffuse dall’agenzia Ansa, “l’origine meridionale del vitigno Sangiovese (dal quale deriva il Brunello, ndr) in seguito alla diffusione della viticoltura dalla Grecia verso l’Europa occidentale.”
Orgoglio toscano e senese (il Brunello è di Montepulciano) in soffitta, quindi. Il multiculturalismo è nato tra i grappoli. Pare, dunque, che le origini del vino, tra i migliori d’Italia, siano proprio da ricercare al caldo del Mezzogiorno. Secondo le relazioni “padre-figlio” indicate Marica Gasparro, ricercatrice del Crea Viticoltura ed Enologia di Turi (Bari) ed eccellenza scientifica del Premio internazionale Brunello di Montalcino. Valutando i vari aspetti della composizione (ampelografia, ricerche storiche, caratterizzazione molecolare), è venuto fuori che i genitori del Brunello sono il “Ciliegiolo” e il “Negrodolce”. Varietà di vini della Puglia meridionale, ormai scomparsi da almeno un secolo. Un albero genealogico antico e che percorre tutta la penisola e non recintato solo dagli Appennini.
Inoltre, dalla ricerca di pedigree, si è anche scoperto che in tre tipi di vino calabrese e siciliano (il Gaglioppo di Cirò, il Mantonicone e il Nerello Mascalese) c’è un pizzico di Sangiovese. Un “innesto” di viti, quindi, arricchisce i sapori e ne tratteggia le peculiarità. Tra il Nord e il Sud che si chiamano e si cercano lungo i filari delle viti che uniscono la penisola.
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