"Violentata mentre era agonizzante". Via al processo Hazana

È iniziato il processo per l'omicidio di Juana Cecilia uccisa dall'ex compagno e figlio di una vittima di femminicidio. In aula il pm: "Ha usato tanta violenza da causarle la frattura di alcune vertebre"

"Violentata mentre era agonizzante". Via al processo Hazana

Si è presentato in aula Mirko Genco, 26 anni, reo confesso dell'omicidio dell'ex compagna peruviana Juana Cecilia Hazana Loayza di 34 anni. Il processo, cominciato ieri davanti alla Corte d’Assise, vedrà l'accusa e la difesa darsi battaglia per le circostanze del delitto. L'uomo deve rispondere di omicidio volontario pluriaggravato e rischia l'ergastolo.

La notte dell'omicidio

L'efferato delitto è avvenuto tra il tra il 19 e il 20 novembre 2021 nel parco di via Patti a Reggio Emilia. Juana Cecilia aveva conosciuto il suo assassino mesi prima e con lui aveva iniziato una relazione sentimentale, poi finita con una denuncia di stalking a causa dell'atteggiamento violento e persecutorio del ragazzo.

Quella notte era stata una foto sui social a far scattare l'ira del Genco: la 34enne era apparsa su Instagram sorridente con alcuni amici dentro un locale di Reggio e per tale motivo l'uomo ha avuto l'impulso di contattarla. Con una scusa ha convinto la donna a riaccompagnarla a casa e poi, nel parco di via Patti, probabilmente a causa di una discussione tra i due, lui si le si è scagliato contro spingendola a terra e cercando di strangolarla. Per il pm: "Ha usato tanta violenza da causarle la frattura di alcune vertebre". Secondo l'accusa, alla drammaticità dell'omicidio sia aggiunge anche l'aggravante della violenza sessuale. Genco, dopo ore di interrogatorio, aveva confessato l'assassinio ma non lo stupro, dichiarando che ci fosse stato consenso. Secondo il medico legale, invece, sono stati due i rapporti sessuali, il primo era avvenuto in un momento in cui "Juana Cecilia era in profonda alterazione psicofisica" probabilmente a causa dell'assunzione di alcol. Il secondo, invece, sarebbe avvenuto successivamente allo strangolamento "quando lei era agonizzante".

Secondo il pm, inoltre, l'uomo è stato così lucido e violento da lasciarla a terra, andare a casa dell'ex compagna, dove viveva la madre di Juana e il figlio, prendere un coltello da cucina e ritornare al parco dove la donna è stata massacrata con più fendenti.

Durante il processo

La presidente dell'associazione Nondasola di Reggio ha voluto esprimere solidarietà al caso di Juana e di altre donne come lei: "La storia di Juana Cecilia ci ha toccate da vicino: il suo è un classico esempio di femminicidio. Incontrammo la giovane vittima per diverse questioni, e, dopo, anche la mamma. Abbiamo deciso di costituirci parte civile per portare avanti i principi alla base del nostro statuto e i nostri valori".

Un elemento importante che verrà analizzato in aula saranno gli audio che avrebbe registrato Genco durante gli ultimi momenti in vita dell'ex compagna, soprattutto quello dalla durata di 53 minuti. Del perché di questo gesto aveva dichiarato durante la prima confessione che voleva “tenere la sua voce per ricordo perché quello sarebbe stato l’ultimo giorno in cui l’avrei vista perché sua madre non voleva chi ci vedessimo”.

"Sconvolto dalla morte della madre..."

Subito dopo l'arresto, la nonna di Mirko Genco aveva comunicato, a Il Resto del Carlino, che il nipote è il figlio di una vittima di femminicidio. La madre del ragazzo, infatti, fu assassinata dal compagno, Mohamed Jella, tunisino, 34 anni, nel 2015. "Non so proprio cosa gli sia passato per la testa: è inspiegabile, dopo tutto quel che abbiamo passato. Quello che ha fatto non trova giustificazioni", aveva detto ai microfoni. Inoltre pare che il giovane avesse minacciato più volte di farsi giustizia da solo andando a trovare il killer della madre.

Adesso invece il 26enne per l'accusa è colpevole di omicidio volontario, aggravato dall’aver colpito una vittima di stalking, dalle condizioni del luogo e dai futili motivi.

Inoltre si deve prendere in considerazione la violenza sessuale, la rapina (per le chiavi), il furto in casa (per il coltello) e il porto di oggetti atti a offendere. Oltre all’evasione, per aver violato gli arresti domiciliari a Parma. La difesa ha chiesto la perizia psichiatrica.

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