Macugnaga è un comune diffuso nella provincia di Verbano-Cusio- Ossola, dominato dalla mole imponente della parete Est del Monte Rosa. Una località molto amata dai milanesi, che vi possiedono case e vi vengono in vacanza volentieri d’inverno, per sciare sulle piste filanti e poco affollate e d’estate per godersi il fresco e le passeggiate. Ci sono stato a trascorrere qualche ora di refrigerio anche io, apprezzando il modo in cui la comunità ha risistemato tutto dopo i disastri provocati dal maltempo a fine giugno (quindi proprio all’inizio della seconda stagione turistica): delle alluvioni, delle frane e della distruzione di meno di due mesi fa ci sono ora solo limitati indizi. Bravi.
Gastronomicamente Macugnaga non ha mai avuto da offrire molto più di una cucina ruvida e di montagna: le tradizioni gastronomiche walser – così si chiama la misteriosa popolazione germanica qui migrata secoli fa mantenendo tradizioni peculiari che poco sono venute a patto con la modernità – si limitano a innestare sul palinsesto classico della polenta col cervo tipicità come la Panicia, un risotto condito con burro cotto nel latte, e la Pasta alla macugnaghese, corta e condita con patate, cipolle, burro, pancetta o lardo e formaggio locale. Una specie di Gricia di montagna: e alcune fonti, compreso un articolo della Cucina Italiana che ho consultato, ipotizzano che si tratti davvero della ricetta della cucina romana introdotta nella località dell’Alto Piemonte nel XV secolo da panettieri originari del cantone dei Grigioni, da cui il nome. Leggenda e verità, poco importa.
Alta cucina non se ne fa molta qui, anche perché i milanesi in villeggiatura o di passaggio qui pretendono tipicità, accantonando volentieri i rituali fine dining della metropoli. Qualche anno fa ero stato a mangiare alla Z’Makana Stube traendone buona soddisfazione perché apprezzai la ricerca di un certo gusto nella preparazione e nella presentazione dei piatti, oltre che la buona cantina. Quel locale nel frattempo ha chiuso, poi mi dicono abbia riaperto con altro target, lasciando un vuoto che sta in qualche modo cercando di riempire il Ristorante Flizzi, al centro di Staffa, la frazione più importante del comune. Questo locale negli anni Sessanta era stato il cuore della “Dolce Vita” macugnaghese e negli ultimi anni si barcamenava tra buoni aperitivi e pizze che mi sono raccontate come non indimenticabili. Da qualche tempo invece il titolare Mirko Picco ha deciso di puntare più in alto con un locale più elegante che conserva l’atmosfera di un rifugio ma ha dettagli che attingono ad ambizioni superiori.
La carta propone a cena piatti di montagna con link internazionali. All’antipasto ho provato una buona Caponata con biscotto al basilico e mandorle e crema di burrata e una Insalatina di petto d’anatra al fumo con salsa ai lamponi, lamponi, pomodorini confit e songino di una certa eleganza. Gli altri piatti in carta erano la Tartare di tonno con bottarga di uovo alle erbe e salsa al mango e l Trota in carpione. Il meglio ai primi con delle ottime Tagliatelle di segale e trigonella con ragù al coltello di cervo e il Tortello ripieno di brandacujùn su delicata di polenta, pinoli tostati, terra di olive nere, beurre blanc al Franciacorta e champignon. Di secondo un Filetto di maiale cotto a bassa temperatura alle erbe aromatiche con hummus di barbabietola e noci e verdurine di stagione che avrebbe bisogno di un po’ più di carattere e un Bife angosto argentino alla griglia con salsa chimichurri e verdure di stagione abbastanza anonimo. Per me nessun dolce anche se quelli che giravano sembravano piacevolmente casalinghi.
La carta dei vini è di buon livello e con prezzi onesti anche se la bottiglia da me scelta è risultata indisponibile e la cosa ci è stata comunicata con un po’ di ritardo costringendomi a un ripiego in tutta fretta. Il servizio è volenteroso ma molto lento, e va bene che si è in vacanza (io non lo ero) ma i tempi sono importanti. Il titolare mi dirà della difficoltà di trovare del personale (non è una novità). I prezzi sono “milanesi” e quindi un po’ alti per una clientela con minori pretese: da 14 a 18 euro gli antipasti, da 16 a 20 i primi, da 18 a 25 i secondi, 7 i dolci.
Insomma in due facendo un pasto completo e con una bottiglia di vino si può arrivare a spendere 75 euro, con in più il balzello forse evitabile del coperto e del servizio (2 euro). Insomma un locale che ha delle potenzialità ma che al momento è un po’ nel guado tra il “vorrei” e il “non posso”. Ma sì che si può: un po’ di coraggio, orsù!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.