
Il mondo del vino è fatto di tradizioni, territori, denominazioni, grandi etichette e piccole cantine di culto. Ma è anche fatto di scaffali di supermercati, di carrelli che si riempiono e scontrini che si allungano. Ed è proprio qui che si gioca una partita interessante: quella del vino a marchio del distributore, la cosiddetta private label. Un fenomeno che in Europa è ormai una realtà consolidata, con una quota di mercato che sfiora il 30 per cento sia in volume che in valore. In Italia? Meno della metà.
Secondo i dati diffusi a Marca 2025 da BolognaFiere, il mercato delle private label in Italia ha raggiunto i 26 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 2,4 per cento sul 2023. E il vino? Si muove, ma con passo lento. L’analisi di NielsenIQ elaborata da WineNews racconta che, su 2,2 miliardi di euro di vino venduti tra ipermercati, supermercati, discount e libero servizio piccolo, solo 273,8 milioni arrivano dalle private label (+2,1 per cento), per un volume di 106,9 milioni di litri su un totale di 628 (+1,6). Il che significa che il vino a marchio del distributore pesa per meno del 13 per cento sul totale delle vendite in grande distribuzione.
Uno dei motivi per cui le private label piacciono ai consumatori è il prezzo: il vino a marchio dell’insegna costa mediamente 2,56 euro al litro (+0,5 pe cento rispetto al 2023), contro i 3,6 euro (+2,9 per cento) dei marchi aziendali. Una dinamica che si riflette anche sugli spumanti: 5,78 euro al litro per le bollicine private label (-3 per cento), contro i 7 euro di quelle aziendali (-0,5 per cento). E qui entra in gioco il discount, canale chiave per il successo delle etichette a marchio del distributore. Eleonora Formisano, Sales Lead Smb & Global Snapshot Italy di NielsenIQ, spiega a WineNews che “circa il 40 per cento delle private label, sia in valore che in volume, è venduto nel discount”. Non solo: la quota delle private label è molto più alta nei discount rispetto al resto della GDO, con il 22,4 per cento in valore e il 21,6 per cento a volume.
E per le bollicine? Ancora più marcata la presenza nei discount, dove il 46 per cento del fatturato delle private label e il 58 per cento dei volumi trovano casa. Qui il prezzo medio si attesta sui 4,58 euro al litro, in linea con la media del canale (4,43 euro per i marchi privati). Altrove, invece, la differenza è più marcata: nel resto della GDO, la quota delle private label vale solo il 5,5 per cento a valore e il 5,9 per cento a volume, con un prezzo medio di 7,46 euro al litro, leggermente sotto la media della categoria (7,87 euro).
Mentre nel Regno Unito oltre il 50 per cento delle vendite di vino nella grande distribuzione è fatto da private label, in Italia il fenomeno è ancora contenuto. Eppure, la strada è segnata. Sempre più insegne investono in progetti strutturati, come Coop Italia, che punta su collaborazioni con aziende di prestigio dichiarate in etichetta, in una sorta di cobranding.
La chiave del successo sarà trovare il giusto equilibrio tra qualità, prezzo e identità territoriale. Perché in un Paese dove il vino è cultura prima ancora che consumo, la private label dovrà guadagnarsi la fiducia del cliente bicchiere dopo bicchiere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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