Nel migliore dei mondi possibile, sosteneva Voltaire nel Candido, «i nasi sono fatti per reggere gli occhiali (e noi infatti abbiamo gli occhiali)». E per Diana, nel migliore art-system possibile se l'arte è questa, è questa. Inutile lamentarsi. Così sembra ragionare Francesco Poli, esimio cattedratico (Parigi e Torino), il quale non si perita di spiegare perché l'arte contemporanea dell'orrido è tale, bensì si limita a spiegarne gli effetti, o meglio gli epifenomeni, cioè le opere. Il suo saggio Non ci capisco niente. Arte contemporanea: istruzioni per l'uso (Mondadori Electa, pagg. 144, euro 22,90), appare sommario: l'approccio fattuale, tipico degli ultimi decenni a cui Poli fa riferimento, ci spiega che l'arte è una questione di convenzioni stipulate da diversi attori che operano proprio nel mondo dell'arte, la sociologia è dunque determinante nel processo di attribuzione dello status e del valore di un'opera, più della critica o dell'estetica.
E qui casca l'asino. Poli, quasi ironicamente, riassume: «ancora per molti versi è prevalente la convinzione che un'opera debba rappresentare qualche cosa di interessante e comprensibile» o che debba «dimostrare il talento tecnico, il mestiere o il virtuosismo dell'autore»; che non è stata ancora compreso che l'arte è un realtà autonoma, referenziale, basata sulla libertà totale dei linguaggi artistici o, sull'invenzione concettuale; infine, che è difficile negare sia arte quello che è stato definito arte. Certo smontare un ragionamento tanto stringente (e sebbene tautologico, molto logico), è un po' come scagliarsi contro i mulini a vento, essendo ormai chiaro che l'arte è quello che il sistema dell'arte definisce tale. È difficile, certo, ma ne varrebbe la pena poiché l'arte visiva tra tutte le discipline (musica, teatro, danza, letteratura...) è quella che è rimasta esposta alla temperie delle avanguardie e da lì non riesce a uscire tra giochini, dissacrazione, scatologia più che escatologia.
Detto questo, il libro di Poli - che ha deciso di concentrarsi su 62 artisti, ognuno rappresentato da un'opera, da Malevic a Guo-Qiang, passando per Duchamp, Tracey Emin, Manzoni, ma anche Anselmo, Burri Matthew Barney, Serrano,
Gonzales-Torres, Bill Viola - è un ottimo e godibilissimo manabile per guardare l'arte contemporanea fatta di grandi intuizioni, ma anche di rifiuti, di pittura, ma anche di sangue e feci, fatta di geni e tanti furbastri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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