Philip Roth è scomparso martedì sera all'età di 85 anni. Lo scrittore statunitense, che ha trasformato l'eros in comicità grottesca, ottenne il Pulitzer con Pastorale americana, ma non il Nobel.
Ogni lettore ha il suo Philip Roth preferito. C'è chi ama il Roth in contrasto tragicomico con le sue radici ebraiche (Lamento di Portnoy). C'è chi apprezza l'incursione nella fantascienza distopica (Il complotto contro l'America). C'è chi ama la brutalità commovente nel raccontare il rapporto tra padre e figlio (Patrimonio). C'è chi ama il modo stoico di affrontare la morte di un uomo qualsiasi (Everyman). C'è chi predilige i libri dove la storia famigliare tocca la Storia (Pastorale americana, premio Pulitzer). Poi ci sarebbe la saga di Zuckerman, alter ego di Roth, e molto altro ancora. Tutti rimasero colpiti dal suo ritiro dalle scene nel 2012. Dopo una trentina di romanzi sentiva di avere esaurito la sua vena migliore.
In effetti non deve essere stato facile inventare altre storie dopo aver fatto i conti con la morte in Everyman (2006). Roth affermò di non essere più interessato alla narrativa, neanche a quella altrui, e di leggere solo saggistica. Quel rifiuto sapeva di sconfitta, come se Roth non avesse scoperto ciò che sperava di scoprire, qualsiasi cosa fosse, attraverso i suoi romanzi. Non a caso il suo ultimo libro è una antologia di saggi che in Italia uscirà per Einaudi (come tutte le opere di Philip Roth). Il titolo è indicativo: Perché scrivere? Saggi 1960-2013. Non è comune che uno scrittore ammetta di essere giunto alla fine della propria carriera. Non è comune che uno scrittore sia amato in tutto il mondo e per motivi molto diversi. Secondo alcuni critici lo stile di Philip Roth era un po' tirato via, semplice ma anche povero.
Sarà così ma si vede che sapeva toccare le corde giuste. Eterno candidato al Nobel, Roth muore nell'anno in cui non verrà assegnato a causa degli scandali dell'Accademia e dopo aver visto trionfare, tra gli americani, Bob Dylan, un ottimo cantante, al posto suo, un romanziere stimato e di successo. Non importa, il Nobel della letteratura glielo assegnano i fatti. Ecco, Philip Roth sarà il Nobel alla memoria (dei suoi milioni di lettori) perché difficilmente si scordano libri come Patrimonio o Everyman.
E se voi ne preferite altri, la cosa non cambia. L'epitaffio perfetto comunque lo ha scritto Roth stesso ne Il fantasma esce di scena (2008): «La fine è così immensa, è la sua stessa poesia. Non ha bisogno di grande retorica, ma solo di parole semplici».
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