"Macchine e intelligenze artificiali possono diventare una gabbia"

Forse non supereranno mai il cervello umano, ma potrebbero far scordare all'uomo parti importanti di se stesso. E chi controlla i controllori delle nuove tecnologie?

Computer e Internet
Computer e Internet

Avere qualche perplessità sulle «magnifiche sorti e progressive» dell'umanità non significa necessariamente appartenere alla famiglia dei gufi. Del resto, dalle serie televisive popolate di morti viventi ai blockbuster cinematografici dedicati alle conseguenze disastrose delle manipolazioni genetiche o alle apocalissi postnucleari dove bande di straccioni si contendono la poca acqua rimasta, anche l'immaginario collettivo dell'occidente sembra aver abbandonato il fiducioso ottimismo di qualche decennio fa a favore di un disincantato scetticismo. Nicholas Carr è un solido studioso, che da anni esamina l'impatto delle nuove tecnologie sulla società; dopo il bestseller Internet ci rende stupidi? (2011), torna oggi in libreria con un altro saggio provocatorio, La gabbia di vetro (Raffaello Cortina Editore, pagg. 294, euro 25), dedicato ai lati oscuri dell'automazione.

Nel Suo libro, sembra che le macchine non siano più al servizio dell'umanità, ma stiano diventando i nostri padroni…

«Non credo che questo succederà mai, almeno non nel senso che esse possano diventare più intelligenti di noi, dato che, nonostante tutti i recenti progressi, i computer rimangono stupidi e totalmente incapaci di pensare per conto proprio. Quello che temo è che stiamo diventando dipendenti dai nostri computer al punto di cominciare a perdere alcune nostre abilità e a diminuire la nostra autosufficienza, diventando più vulnerabili a eventuali manipolazioni. Dovremmo ricordarci che, quando dipendiamo dal software per il nostro lavoro o i nostri pensieri, non siamo sottomessi alla tecnologia ma alle persone che scrivono i programmi e alle compagnie che li vendono».

In che senso la rivoluzione digitale è differente dalle altre, precedenti rivoluzioni industriali e tecnologiche?

«Da un lato, la computerizzazione continua la lunga storia della meccanizzazione, che da secoli vede gli uomini spartirsi il lavoro con le macchine, cosa che continuiamo a fare coi computer. Dall'altro, c'è il fatto che, sia che parliamo di software sia di robot, le macchine, ora, sono in grado non solo di fare lavori manuali ma anche di svolgere compiti che richiedono analisi e capacità di giudizio, ed è questo nuovo elemento a fare la profonda differenza con il passato».

Che tipo di gabbia è quella di vetro citata nel titolo?

«È la gabbia formata da tutti gli schermi di computer che, oggi, ci circondano. Sempre più elementi della nostra vita quotidiana, personale o lavorativa, sono condizionati dai software. Un secolo fa, il grande sociologo Max Weber, scrisse di come i macchinari industriali rischiavano di intrappolare l'umanità in una “gabbia di ferro”. Oggi, penso che rischiamo di finire intrappolati nella gabbia di vetro della tecnologia digitale. Penso, per fare un esempio concreto, che Google abbia una concezione misantropa della società, e che valuti i computer molto più degli esseri umani, e che questo fattore, alla fine, gli si ritorcerà contro».

Lei fa molti esempi di come l'intelligenza artificiale stia cambiando la nostra vita, dai trasporti all'industria, dall'architettura alla medicina, alla scuola e persino alla giustizia; tutti questi cambiamenti sono sempre in peggio? In fondo, le macchine ci hanno liberato dalla maledizione di Adamo...

«Come sempre, la tecnologia può essere progettata per un utilizzo saggio o scriteriato; la computerizzazione diffusa può essere usata per aumentare le nostre virtù e affinare i nostri interessi o per renderci meno attivi e sempre più dipendenti dalla tecnologia. Crediamo, erroneamente, che liberarci dalle sfide difficili e dal lavoro duro migliori le nostre vite, ma la verità è che siamo più soddisfatti quando ci impegniamo a fondo per superare gli ostacoli più difficili. I computer tendono a privarci della possibilità di queste realizzazioni, e noi ci dimentichiamo che siamo animali; siamo delle creature fisiche su un pianeta fisico: essere in grado di capire il mondo, essere capaci di agire nel mondo è un fattore essenziale per il nostro benessere. Non lo è, invece, passare le giornate a guardare uno schermo di computer».

Quali sono gli altri costi, non evidenti, della tecnologia?

«Come ho già detto, il fatto che ci precipitiamo ad usare tecnologie per rendere più comoda e facile la nostra vita ci nasconde la realtà, che ci vede, alla fine, ansiosi, annoiati e insoddisfatti. A questo, dobbiamo aggiungere gli effetti sociali ed economici dell'automazione informatica, che aumenta la ricchezza di chi controlla i computer, accrescendo fortemente la diseguaglianza e, alla lunga, rischiando di destabilizzare la società».

Beh, non penso che tornare a distruggere le macchine, come facevano i Luddisti, possa essere una soluzione praticabile…

«I Luddisti avevano una visione critica della tecnologia, e ne vedevano i potenziali pericoli nel ridurre la qualità della loro vita. Il progresso tecnologico offre molti vantaggi, ma nasconde anche molti pericoli.

Penso che oggi esageriamo ad esaltare la tecnologia, a vederla come una facile soluzione a tutti i nostri problemi, mentre sbagliamo a non attribuire la dovuta importanza alle nostre abilità e ai nostri talenti umani. La mia speranza è che si riesca a creare dei sistemi tecnologici che siamo progettati per essere al nostro servizio, e non viceversa».

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