Quei tagliagole "allevati" da serie tv e videogame

Nel libro di Borgonovo, il legame tra cultura pop occidentale e propaganda dello Stato islamico. Così efficace perché usa un linguaggio a noi famigliare

Quei tagliagole "allevati" da serie tv e videogame

Lo Stato islamico (Is) è lo specchio che riflette il peggio dell'Occidente. La guerra santa è un mercato affollato e la multinazionale fondata da al-Baghdadi, con sede in Siria-Iraq, punta tutto sull'innovazione come farebbe una corporation occidentale. Innovativa, rispetto ai concorrenti di Al Qaeda, è l'idea di dare vita a un vero e proprio Stato. Innovativi sono i metodi di propaganda, con riprese professionali ed emozionanti, che mostrano conoscenza di videogiochi e pellicole hollywoodiane. Innovativo è il sistema di affiliazione in franchising, che ha riscosso particolare successo in Libia e Nigeria. Questa è la tesi di partenza di Tagliagole. Jihad Corporation (Bompiani, pagg. 654, euro 15). Le somiglianze con le multinazionali finiscono qui. Lo Stato islamico ha finalità diverse da quelle di una corporation e vende un prodotto chiamato «morte agli infedeli di tutto il mondo».

E qui arriviamo subito ai silenzi e alle contraddizioni dell'Occidente incapace di ammettere la natura religiosa della guerra dichiarata unilateralmente dal terrorismo islamico. Borgonovo elenca i titoli apparsi sui giornaloni all'indomani della strage di Parigi, quando un commando fece irruzione, al grido di «Allah è grande», nella redazione di Charlie Hebdo , uccidendo undici persone, «colpevoli» di aver scherzato sul Profeta, e un poliziotto (musulmano). Trovare le parole islamico, jihad, musulmano era un'impresa. Stessa cosa accaduta pochi mesi dopo, in occasione dell'assalto al Museo del Bardo di Tunisi, ove morirono anche quattro italiani. Scrive Borgonovo: «Invece bisogna avere il coraggio di dire che questo è islam. Certo, nel mondo ci sono centinaia e centinaia di migliaia di musulmani pacifici, che non si sognerebbero mai di sgozzare un “infedele” o di farsi esplodere in un centro commerciale. Ma ciò non significa che gli uomini del Califfato agiscano fuori dai confini dell'islam. È la religione musulmana a legittimare la loro guerra, è la religione musulmana a fornire non solo le basi teoriche che giustificano l'azione militare, ma anche gli obiettivi da raggiungere e i mezzi con cui ottenerli».

Le nostre contraddizioni sono anche politiche. Rovesciare il tiranno Gheddafi ha prodotto un disastro. Una parte della Libia ora è in mano a gruppi legati allo Stato islamico, che alimentano il traffico di barconi carichi di immigrati clandestini diretti verso le nostre spiagge. Per affrontare il problema, abbiamo speso milioni. Risultato: Mare Nostrum ha finito col favorire i commercianti di esseri umani. Borgonovo cita un rapporto di Frontex, secondo il quale i network criminali «hanno sfruttato la presenza di navi italiane in prossimità della costa libica durante l'operazione Mare Nostrum, spesso utilizzando imbarcazioni insicure e troppo cariche e contando sulla prontezza delle forze italiane per la ricerca e il salvataggio».

Tagliagole , con impeto quasi enciclopedico, ricostruisce la mappa del terrorismo internazionale che punta verso l'Europa, i canali di finanziamento dello Stato islamico, la natura universale del Califfato, le dimensioni mondiali del conflitto, gli effetti spesso controproducenti degli aiuti umanitari, le reali condizioni di vita nei territori controllati dai fondamentalisti, il problema dei foreign fighters , la scorrettezza di invocare l'islamofobia per delegittimare chi critica il mondo musulmano, il dibattito sul concetto stesso di islamofobia.

Ciò che rende però questo saggio del tutto originale è l'immersione nella cultura pop. Si diceva all'inizio che lo Stato islamico funziona anche come specchio dell'Occidente. E l'Occidente è segretamente ossessionato dalla morte. Scrive Borgonovo: «I jihadisti incarnano la morte, che l'Occidente cerca di respingere, di negare, di nascondere, ma da cui è ossessionato... Più cerchiamo di allontanare la morte, di prolungare la nostra esistenza, di occuparci del nostro fisico e della nostra salute, più la morte sboccia dagli interstizi, riappare più forte che mai. I filmati dello Stato islamico e degli altri jihadisti arrivano, non a caso, in un momento in cui il genere horror è ritornato prepotentemente di moda». Facciamo qualche esempio preso da Tagliagole . Siamo fissati col cibo sano e nutriente? Ecco il cannibalismo di Hannibal . Temiamo le malattie? Ecco l'epidemia di The Strain o il ritrovato successo del bestseller di Richard Preston sull'Ebola, The Hot Zone . Cerchiamo sicurezza, vicini tranquilli, paesini rilassanti? Ed ecco Wayward Pines o Fortitude o Lillehammer o Fargo . In realtà, basta accendere la tv per capire che sentiamo di essere una civiltà obsoleta e assediata. Vicina alla fine. Forse sarà il motivo per cui la riscossa degli zombie sembra non conoscere pause da The Walking Dead in poi. La propaganda jihadista angoscia perché sfrutta gli stereotipi della nostra cultura pop. Parla un linguaggio distorto ma famigliare.

I terroristi hanno prodotto il loro cinema (i film sulle operazioni di guerra), hanno la loro serie tv ( A Message To America , ogni puntata muore un ostaggio) con tanto di spin off interattivi (il pilota giordano bruciato dopo consultazione sul Web), il talk show (i grotteschi reportage del prigioniero John Cantlie). In un gioco di rimandi sempre più intricato, parallelamente, gli occidentali hanno utilizzato il terrorismo nel cinema ( Zero Dark Thirty ) , nelle serie tv ( 24 e Homeland ), nei fumetti ( Holy War di Frank Miller), nella musica (il rap).

Questa parte di libro, preponderante, spazia da Sottomissione , il romanzo di Michel Houellebecq, fino ai Beatles, intesi come i cittadini inglesi convertiti a cui lo Stato islamico affida le decapitazioni. Potrebbe sembrare un azzardo, invece è il punto di forza di Tagliagole .

Spostare il discorso su questo terreno mostra, in modo purtroppo inequivocabile, quanto lo scontro sia già penetrato a fondo e quanto decadente sia la nostra cultura. Ci troviamo così faccia a faccia con le nostre paure più profonde. Proprio quelle su cui fanno leva i terroristi per spaventarci.

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