Democrazia in bilico? La sua forza è sempre stata il non poter esistere senza inevitabili fragilità

Il filosofo e politologo Carlo Galli ipotizza che la forma di governo tipica dell'Occidente sia all'«ultimo atto» Un destino che sarà reversibile soltanto se si ridaranno spazio e voce a un altro concetto: la vera politica

Democrazia in bilico? La sua forza è sempre stata il non poter esistere senza inevitabili fragilità
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Giù il sipario. In tanti si stanno chiedendo se i tempi sono, purtroppo, ormai maturi per un cambio di paradigma nella civiltà occidentale. Lo fa anche Carlo Galli, filosofo e politologo, con il suo saggio Democrazia, ultimo atto? (Einaudi, pagg. 133, euro 15). C'è un punto interrogativo che è un segno di speranza, un modo per dire ai propri occhi che il realismo pecca di pessimismo, che c'è ancora tempo per correggere la rotta, che il consenso attimo per attimo, quello che vive in turbolenza binaria di «mi piace» e «non mi piace» può consumarsi fino a ridare spazio e voce alla «politica». La «politica» non fa implodere il tempo fino allo zero, ma lo allarga a un orizzonte di almeno cinque anni e quella più visionaria si preoccupa dei diritti di chi ancora deve nascere. La «politica» crede nei valori universali della liberal-democrazia, ma è proprio il demone della maggioranza che rischia di divorarla quando la ricerca dei voti si nutre di viscere, rabbia, paura e interessi di pochi. È la bellezza e la condanna della democrazia dei moderni, che nasce ribelle e sognatrice e anno dopo anno mostra la sua fragilità. La democrazia non è mai stata scontata e se lo diventa è il momento che si sfarina. Galli vede il tramonto nei populismi e sovranismi, non enfatizza più di tanto i moralisti e le teste rotonde degli eterni puritani che non accettano la benedetta imperfezione delle democrazie. I moralisti, giacobini o bolscevichi, sognano sempre un mondo migliore che si rivela sempre totalitario.

I nemici più irriducibili della democrazia occidentale sono proprio al suo interno. È la debolezza e la forza di una civiltà che non ha paura di chi la contesta. Cosa accade se i liberali mettono sotto chiave la libertà offrendo come merce di scambio una sicurezza che non sono neppure in grado di garantire? Cosa succede se i democratici non si fidano più delle scelte di chi vota? Cosa capita se il «sogno americano» svanisce, perché diventa impossibile l'impresa di partire dal basso per puntare in alto? Che società aperta è quella dove il demone più diffuso è la paura? Che avviene se gli ateniesi tifano per Sparta? La democrazia occidentale non piace agli uomini di affari, ai maghi della finanza, ai padroni della rete, ai maestri del pensiero, ai qualunquisti e ai puritani, indispettisce filosofi e scienziati e magari sta sul cavolo perfino al popolo. Ti chiedi quanti siano in fondo davvero innamorati di questa benedetta liberal democrazia e se c'è ancora qualcuno in giro disposto a non barattare un grammo di sicurezza per un chilo di libertà. Tutto questo avviene mentre il capitalismo vive una metamorfosi che rischia di frantumare i suoi principi vitali. È come se il capitalismo finanziario e globale avesse spostato il proprio asse culturale. Non ci sono più i diritti individuali al centro.

È una frattura profonda tra il modello di produzione e la sua civiltà. È come se la globalizzazione del capitalismo avesse deviato il suo corso verso Oriente, rinnegando i suoi principi. E il sipario piano piano scende giù.

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