Basta con le dentiere, superato l'innesto di osso del paziente, è il momento delle nuove tecniche per protesi fisse rese possibili da interventi di rigenerazione ossea che intervengono sulle cellule staminali.
L'osteoneogenesi attiva é una novità ancora poco conosciuta nel nostro Paese e che pochi specialisti propongono ai pazienti.
Ma, secondo gli studi più recenti, ha molti vantaggi: 1) l'economicità; 2) la mininvasività che vuol dire meno dolore e convalescenza più breve; 3) l'alta percentuale di successo; 4) la facile e veloce esecuzione.
Negli ultimi anni tecniche di bioingegneria dei tessuti hanno fatto emergere la possibilità di provocare con successo la formazione di osso attraverso innesti di biomateriali che agiscono sulle cellule il cui destino non è ancora «deciso» e quindi non sono ancora differenziate: le cellule staminali.
Questi prodotti, commercializzati e distribuiti dalle Banche dell'osso e dei tessuti e omologati dal Ministero della Salute, sono risultati più «predicibili» cioè con maggiore previsione degli effetti; meno invasivi e invalidanti per i pazienti e con maggior successo nel risultato finale.
Nell'odontoiatria contemporanea l'implantologia osteointegrata ha assunto un ruolo di primaria importanza grazie soprattutto ai progressi ottenuti nella qualità dei materiali, nelle indagini diagnostiche e nei protocolli chirurgici di inserzione dell'impianto.
La dentiera o protesi rimovibile oggi non è più il trattamento privilegiato per risolvere i problemi di una bocca senza denti (casi di edentulie, in termini tecnici) totalmente o parzialmente.
Quindi, a parte qualche controindicazione, non vi sono più limiti nell'eseguire interventi di implantologia e questo ha avuto come risultato immediato la richiesta da parte dei pazienti di sostituire appunto le dentiere con protesi fisse, ancorate su impianti.
Ma per fare questo bisogna superare il problema di quanti hanno scarsa quantità di osso che possa fare da base agli impianti, ossia pazienti affetti da atrofie più o meno gravi.
Nel passato e a volte ancora oggi, la chirurgia rigenerativa dell'osso è stata affrontata con le tecniche di innesto d'osso prelevato dal paziente stesso (osso autologo).Le sedi più frequenti di questi prelievi sono la cresta iliaca, la mandibola e la teca cranica.
«Molti problemi - spiega il primario di Odontoiatria all'opedale San Camillo di Roma, Sergio Corbi- sono però legati a questo tipo di interventi, primo fra tutti il dolore e l'invalidità post-operatoria, la necessità di ricorrere il più delle volte ad anestesie generali e ricoveri in strutture specialistiche ed in ultimo, come dimostrato da studi clinici recenti, l'elevato grado di riassorbimento dell'osso autologo che annulla i risultati dell'intervento».
La nuova tecnica, invece, aggiunge lo specialista Carlo Provenzano che con Corbi la utilizza nel suo studio romano di via Laurina, «richiede solo l'anestesia locale, senza bisogno di ricovero e ha costi notevolmente ridotti. Il risultato è minor spesa-maggior successo».
Dopo 6 mesi dall'intervento di rigenerazione ossea è possibile procedere all'inserimento di impianti che serviranno poi per la realizzazione di protesi fisse.
la tecnica è molto più economica rispetto all'innesto di osso dello stesso paziente, perchè quest'ultimo richiede intervento di prelievo con conseguenti costi anche di clinica.
Inoltre, è importante l'assenza di dolori e fastidi dopo l'intervento, che si verificano in maniera pesante con l'altra tecnica. E poi, assicurano gli specialisti, la sicurezza del successo dell'innesto non è comporabile con quella del tradizionale intervento.
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