Scaf, il caccia del futuro in crisi: così la Francia rischia di affossare il progetto europeo

L'amministratore delegato di Dassault Aviation, Eric Trappier, ha criticato l'assetto attuale del progetto dello Scaf, il caccia di sesta generazione

Scaf, il caccia del futuro in crisi: così la Francia rischia di affossare il progetto europeo

Lo Scaf, acronimo di Système de Combat Aérien du Futur, è il programma franco-tedesco-spagnolo per un caccia di sesta generazione, sostanzialmente concorrente dell'italo-anglo-nipponico Gcap (Global Combat Air Programme) già noto come “Tempest”.

Il progetto, varato da Parigi per sostituire i caccia “Rafale” a partire dal 2035/2040, può essere fatto partire da giugno 2019 quando Francia e Germania hanno firmato l'accordo quadro che successivamente ha visto l'ingresso della Spagna a dicembre 2020, più o meno nello stesso periodo in cui l'Italia è entrata ufficialmente nel programma “Tempest” che allora vedeva anche la presenza della Svezia.

Lo Scaf, al pari del Gcap, si configura come un programma per un “sistema di sistemi” ovvero una serie di piattaforme/sistemi che vanno a comporre un'architettura aeronautica strettamente interconnessa con altri assetti presenti sul campo di battaglia secondo il principio delle operazioni multidominio.

Pertanto, secondo gli accordi siglati, l'Ngf (Next Generation Fighter – il nuovo velivolo) è stato affidato alla Dassault Aviation, con le filiali tedesca e spagnola di Airbus come subappaltatori, mentre la gestione del progetto per gli effettori e i droni connessi è stata affidata ad Airbus, con Mbda come partner principale.

Il programma franco-tedesco-spagnolo però fatica a concretizzarsi, e come vedremo a causa di un problema molto poco tecnico ma molto “diplomatico”.

Attualmente, dopo un lungo periodo di ricerca di un accordo sulla condivisione dei compiti e sulla proprietà intellettuale, il progetto è nella fase 1B, che dovrebbe aprire la strada allo sviluppo di un dimostratore durante la fase 2. Questa fase deve ancora essere discussa tra i tre Paesi coinvolti ma siamo ancora lontani dal vedere un accordo definitivo. La maggiore critica allo stato attuale del programma arriva, e non è una sorpresa, dall'Amministratore Delegato di Dassault Aviation Eric Trappier, che in una recente audizione all'Assemblea Nazionale non ha usato mezzi termini: secondo lui, infatti, il modello di cooperazione messo in atto per lo Scaf, e più specificamente per l'Ngf è tutto da rifare, al punto da affermare che, allo stato attuale, questo progetto non andrà fino in fondo.

Per quanto riguarda il caccia vero e proprio, costruito con Airbus Germania e Airbus Spagna, Trappier ha affermato che “dobbiamo essere convincenti ancora di più, visto che siamo uno contro due, per prendere decisioni. Quindi ci vuole solo un po' più di tempo. Ci siamo dentro. Dassault Aviation non vuole certo non essere coinvolta. Ma è molto difficile. Non siamo in grado di distribuire il lavoro secondo le nostre idee”. L'Ad lamenta quindi una certa insofferenza per la decisione di un'equa distribuzione del lavoro sul caccia, affermando anche che “dobbiamo scendere a compromessi, negoziare costantemente”. Trappier rincara la dose anche quando prende a paragone il programma Neuron per un drone da attacco sperimentale a guida francese ma con la partecipazione di diversi Stati europei: “Spero che si possa raggiungere un accordo per passare alla fase successiva. Sul Neuron, è stato firmato un contratto fino al primo volo. Lì, siamo a metà strada: abbiamo una fase 1A, una 1B e ora dovremo negoziare una fase 2, ecc. È complesso, è lungo. Ma se gli Stati lo desiderano, ci adattiamo. Non sono sicuro che sia un modello di efficienza”.

Il dirigente di Dassault ha inoltre criticato la decisione di cedere il passo ad Airbus per i droni associati allo Scaf, in quanto secondo lui l'industria francese avrebbe una comprovata competenza acquisita e dimostrata appunto col Neuron. Trappier non si è risparmiato, e ha anche ventilato la possibilità che la Francia possa proseguire da sola nella progettazione dello Scaf, anche per una questione legata ai compiti di deterrenza nucleare (che deve essere sovrana e non dipendente da altri Stati). L'Ad ha infatti risposto alla domanda se Dassault Aviation abbia la capacità di realizzare da sola il caccia, di avere le competenze per farlo, sebbene abbia precisato di essere pronto a “collaborare e condividere”.

Come detto in tempi non sospetti, il vero problema quando si tratta di progetti aeronautici è rappresentato dalla Francia stessa (dal punto di vista navale invece la collaborazione con Parigi è consolidata e fattibile). Il protezionismo a oltranza francese, il desiderio di ottenere la maggior parte della progettazione (e del lavoro) come conditio sine qua non, ha portato diverse collaborazioni internazionali a fallire o al ritiro della Francia: ricordiamo, ad esempio, l'Eurofighter da cui i francesi uscirono per costruire il “Rafale”, e lo stesso “Tornado”, che inizialmente col programma Afvg vedeva la presenza d'oltralpe. La stessa mentalità la si sta rivedendo anche per lo Scaf, ed è per questo che restiamo molto dubbiosi sul suo futuro.

Bene ha fatto l'Italia a proseguire

nella collaborazione col Regno Unito per il “Tempest”, poi tramutatosi in Gcap con l'ingresso del Giappone, che ha anche aperto a nuove e interessanti possibilità di collaborazione tra Roma e Tokyo che sono già in essere.

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