Quel doppio Mantegna dal Veneto al Meridione

La scultura e il dipinto che ritraggono Sant'Eufemia mostrano il legame della scuola veneziana col Sud

Quel doppio Mantegna dal Veneto al Meridione

Tempo fa avevo immaginato, senza realizzarla, una mostra sul rapporto tra Venezia e Matera. Partendo da Venezia, intendendo l'Adriatico come un fiume, una straordinaria galleria di opere di grandi artisti avrebbe costellato questo percorso che ora, appunto possiamo reimmaginare. Da Venezia, dunque, lungo la dorsale adriatica, opere fondamentali di spirito veneto si sono distribuite in Romagna, Marche, Abruzzo, Puglia, Basilicata. Non opere secondarie, e prova ne sia che testimonianze della grande civiltà veneta sono la Pietà di Giovanni Bellini databile al 1470 circa e conservato nel Museo della città di Rimini e, poco più giù, la Pala di Pesaro, capolavoro in cui Bellini si confronta direttamente con Piero della Francesca. Ma Bellini lo troviamo anche in Puglia, a Bari, dove possiamo ammirare, conservato nella Pinacoteca, un meraviglioso San Pietro Martire.

Nell'ambito della cultura veneziana, maturata a Padova, tra Bellini e Mantegna (cognato di Bellini), troviamo un grande artista ancora non sufficientemente considerato, Lazzaro Bastiani, nato a Venezia o a Padova nel 1429 circa, formatosi presso la bottega di Antonio Vivarini. A Matera possiamo ammirare gli scomparti di un suo polittico, smembrato, ed ora in parte ricomposto e inserito nella cantoria collocata nell'abside della Chiesa di San Francesco, polittico risalente al 1460-70 circa. Sentiamo la presenza di Mantegna, nell'architettura, nelle lesene, echi del mondo classico, che ospitano la Madonna col Bambino. E non possiamo non commuoverci per il meraviglioso Bambino, il cui sguardo mostra già la tensione verso un destino che lo porterà via dalla Madre, che pur vorrebbe trattenerlo, proteggerlo. Nello scomparto di San Francesco spicca il fondo oro, testimonianza di un mondo immediatamente precedente l'arrivo di Giovanni Bellini, e legato appunto alla sensibilità di Vivarini, che è un altro artista di cui si trovano esempi in Puglia e in Basilicata.

A riprova del ruolo centrale del Bastiani, tra Vivarini e Bellini, è notevole un meraviglioso polittico nella Chiesa Madre di Genzano di Lucania, attribuito già al Bastiani, ma che recentemente è stato convenuto sia opera di Giovanni Bellini: dentro un meraviglioso paesaggio splende l'immagine potente del Cristo al quale sembra guardare l'angelo, mentre annuncia alla Madonna la sua condizione di madre del Figlio di Dio. La Madonna, sublime, sembra derivata da Piero della Francesca, tanto è solenne. E ai lati vegliano San Pietro, San Sebastiano, Sant'Antonio Abate e San Giovanni Battista. Il pavimento di marmo su cui posano le figure, insieme al fondo oro, è un omaggio al gusto ancora medievale, ma la costruzione dello spazio, così fortemente prospettico, ha consentito di riferire questo capolavoro a Giovanni Bellini.

Quindi nella Basilicata, solo apparentemente lontana da Venezia, e anche nelle sue località più remote, possiamo scoprire capolavori dei maestri dell'arte veneziana. La misura del rapporto fra il mondo veneto e la Basilicata è data da Roberto de Amabilius il quale, nato a Montepeloso (attualmente Irsina, in provincia di Matera), ha denaro a sufficienza per recarsi a studiare in una Padova in pieno fermento rivoluzionario, come sarà la Parigi dei primi anni del Novecento con Picasso, Braque, Modigliani. E a Padova giganteggia Andrea Mantegna. Il facoltoso Roberto giunge dunque a Padova e, come un collezionista che si fosse recato a Parigi per comprare un dipinto di Picasso, acquista un'opera di Mantegna. Così, una volta terminati gli studi di giurisprudenza, torna nella sua Montepeloso e porta con sé la Sant'Eufemia di Mantegna, una scultura in marmo policromo, ora conservata nella Concattedrale di Santa Maria Assunta, ad Irsina, appunto.

Ammiriamo questa statuaria, elegantissima figura femminile, con il polso nella bocca del leone, simbolo del suo martirio avvenuto a Calcedonia nel 304 e che, con l'altra mano, sempre dalle raffinatissime dita affusolate, sostiene un monte con, sulla sommità, la Cattedrale, emblema della antica Montepeloso. Sarebbe una straordinaria, unica, testimonianza del Mantegna scultore. Solo in tempi recenti, poco più di venti anni fa, è stata la direttrice della Pinacoteca di Bari, Clara Gelao, a fare questa attribuzione. Nessuno pensava di trovare Mantegna ancora a Montepeloso, dove l'aveva portato Roberto de Amabilius, ritenendo che l'opera fosse la tela, con Sant'Eufemia, conservata al Museo di Capodimonte. E perché non si era dato peso prima a questa scultura? Perché, essendo un'opera devozionale, era stata coperta dalla tela, attualmente conservata a Capodimonte. Capita spesso che alcune immagini sacre abbiano una protezione che le tiene nascoste, affinché vengano scoperte solo in occasione dei giorni della processione. Davanti a questa scultura c'era appunto la tela dello stesso Mantegna, firmata e datata 1454.

Portata la tela a Capodimonte, è rimasta la scultura, sino al momento della scoperta della Gelao, ignorata. In realtà essa è visibilmente un'opera che nasce nello stesso spirito della tela. La posizione della Santa è la stessa, ma nel quadro ha l'aria più imbambolata, come se il Mantegna pittore fosse stato, qui, meno incisivo del Mantegna scultore. Ho sostenuto questa attribuzione, che ha trovato alcuni studiosi contrari, pur riconoscendo la qualità assoluta e lo spirito mantegnesco dell'opera, convinti che Mantegna non sia stato scultore. Ma Mantegna è scultore, anche se non lo è. In Michelangelo, pittura e scultura sono talmente simili da trasfondersi l'una nell'altra: il Tondo Doni è una pittura scolpita, così come la Madonna di Bruges è una scultura che sembra dipinta. In Michelangelo c'è una capacità plastica che si riflette anche sulla pittura, come è evidente negli affreschi della Cappella Sistina. Analogo dovrebbe essere il discorso per Mantegna, che nella pittura è contemporaneamente poeta, per i testi classici a cui si lega, come Virgilio e Ovidio; è architetto e urbanista per l'insieme di architetture che pone sul fondo dei suoi dipinti.

La critica, non senza ragioni, ha avanzato l'ipotesi dell'attribuzione a uno scultore amico di Mantegna, che lavora a Padova, e che si chiama Pietro Lombardo.

Meno noto di Mantegna, non meno grande, è possibile che avesse interpretato i pensieri di Mantegna, traducendone materialmente in scultura la visione plastica. Mantegna o Lombardo, comunque, la Sant'Eufemia di Irsina è forse l'emblema più alto della grande civiltà artistica italiana incardinata in Basilicata.

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