Più tetti per tutti. Slogan facile facile, se solo si fosse comunicato a dovere quanto fatto di buono per le politiche abitative in tre anni di governo. D’altronde Silvio Berlusconi, in campagna elettorale, era stato chiaro: «La casa è un bene decisivo, primario. Come la salute: senza, non si va da nessuna parte». Così nei primi 100 giorni (agosto 2008) viene varata la legge 133, che spiana la strada (e i cantieri) al più vasto piano di edilizia abitativa dall’era Fanfani. Un progetto che ha portato e sta portando a compimento 47mila alloggi in tutto il territorio nazionale con investimenti pubblici pari a 718 milioni di euro. I beneficiari di tanto sforzo? I nuclei familiari a basso reddito, le giovani coppie, gli anziani in difficoltà, gli studenti fuori sede, sfrattati non per morosità e immigrati regolari residenti in Italia da almeno 10 anni e da cinque nella stessa Regione.
Un disegno che i tecnici del ministero delle Infrastrutture chiamano «Piano Silvio», articolato quando la crisi non mordeva come oggi e lo «spread» era confinato nei manuali degli analisti finanziari. Da subito la rivoluzione berlusconiana del mattone si articola in tre direttrici.
La prima linea di intervento va a finanziare gli enti locali con un contributo a fondo perduto di 200 milioni di euro. Si tratta, in sostanza, di sfornare 5mila alloggi di proprietà pubblica (eredità di vecchie case popolari e comuni). Il decreto di attuazione porta la data del 18 novembre 2009. L’obbiettivo è costruire o ristrutturare appartamenti sui quali i costi tra terreni e costi burocratici sono abbattuti fino a garantire affitti accessibilissimi, con canoni mensili tra i 350 e i 400 euro, o addirittura riscattabili in 10 anni con rate di mutuo a livelli di equo canone. Traguardo già centrato in molti quartieri delle grandi città: a Milano basta farsi un giro in via Lulli 32 (nel tondo uno scorcio rimesso a nuovo) o nel quartiere Calvairate. Il cambio di prospettiva è pure formale: per la prima volta parole come vivibilità, sicurezza e sostenibilità ambientale ed energetica entrano in una legge dello Stato. È il social housing. Basta casermoni del degrado e rioni-ghetto, anche perché si punta a riqualificare i centri storici.
La portata della seconda tranche del piano casa emerge scorrendo le tabelle del ministero relative agli accordi di programma Stato-Regioni, che attivano fondi statali, regionali e altre risorse pubbliche-private per nuove costruzioni e/o il recupero di palazzi e corti d’epoca. Sulla scrivania del Cavaliere, il 20 ottobre scorso, arriva il dossier con gli impegni di 14 Regioni più la Provincia autonoma di Trento. Il totale degli investimenti raggiunge la cifra record di 2 miliardi e 750 milioni di euro per la costruzione, il restyling e l’acquisto di 15.515 alloggi. Ma il numero degli appartamenti è destinato ad aumentare se si considera che devono essere ancora perfezionati i patti con Lazio, Abruzzo, Friuli V.G., Valle d’Aosta e Provincia di Bolzano. Sembra solo questione di tempo, poiché si conta di raggiungere quota 20mila alloggi «cantierabili».
Il terzo e ultimo passo del piano, voluto fortemente da Berlusconi, è forse quello più «esplosivo» se visto in prospettiva futura. Il governo ha messo sul piatto 140 milioni di fondi e incentivato gli investitori istituzionali e privati per creare una rete tra un fondo nazionale e fondi immobiliari locali. Il Giornale è entrato in possesso della pratica aggiornata in «tempo reale»: svela che a oggi il Fondo investimenti per l’abitare (Fia) ha già ricevuto sottoscrizioni per 1 miliardo e 908 milioni di euro. La Cassa depositi e prestiti Sgr ha assunto investimenti per complessivi 463 milioni, di cui 372 riferiti a delibere preliminari e non vincolanti in 13 fondi locali (come ad esempio a Roma, a Crema, nella Provincia di Rieti) nelle mani di 7 società di gestione del risparmio.
Diciassette iniziative immobiliari hanno ottenuto il via libera definitivo, è il caso di via Chiavari a Parma o del Borgo Figino di Milano. Se tutte le delibere preliminari si trasformassero in definitive, sarebbero pronti 10.500 alloggi. Ma, tenendo conto della pipeline più avanzata dei progetti da sottoporre a delibera preliminare, la stima degli appartamenti da realizzare sale a 22mila unità.
L’ex sottosegretario alle Infrastrutture e senatore Pdl Mario Mantovani non ha dubbi: «L’intuizione di Berlusconi per cui la casa è l’elemento fondante del benessere dei cittadini è più che mai azzeccata in tempi di crisi. E senza casa non puoi parlare di valori e famiglia. Il nostro governo in tre anni ha stanziato qualcosa come 1,6 miliardi di euro per le abitazioni degli italiani, considerando anche i fondi per il sostegno alle locazioni - 530 milioni dal 2008 al 2010 - nessun governo aveva mai fatto tanto, nel silenzio della grande stampa e delle parti sociali».
Quando Berlusconi si insedia a Palazzo Chigi per la quarta volta, a maggio 2008, da quasi vent’anni non esistono di fatto politiche di social housing.
In Italia abbiamo il 6% di case popolari rispetto al 20% dell’Europa. Servono 620mila alloggi per 2 milioni e 400mila persone. Solo tre anni dopo, un battito di ciglia per la burocrazia italiana, 50mila famiglie vedono aprirsi la serratura dei sogni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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