Ecco la «Cappella Sistina» del Duecento

Il complesso conventuale dei Santi Quattro Coronati sul Celio, protetto com’è da alte mura dai fragori della città, permette al visitatore di immergersi in una dimensione spirituale molto particolare. La chiesa, dedicata a quattro scalpellini della Pannonia martirizzati sotto Diocleziano, divenne nel Medioevo la sede dell’importante corporazione dei Muratori (da cui trarrà origine la Massoneria) e questo fatto spiega la presenza di opere d’arte davvero notevoli, come il suggestivo chiostro romanico, da molti ritenuto il più bello della città. Il convento, con la sua pace tanto gelosamente custodita dalle monache agostiniane che vi risiedono, ha di recente svelato un ciclo pittorico duecentesco di assoluta bellezza. Si trova nell’aula gotica, proprio sotto un altro celebre ciclo di affreschi (quelli della cappella di San Silvestro), e sarà prossimamente aperto al pubblico in occasione della settimana dei Beni culturali, al termine di un restauro durato quasi dieci anni, curato dalla storica dell’arte Andreina Draghi della Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Lazio. Il bel volume Gli affreschi dell'Aula gotica nel Monastero dei Santi Quattro Coronati. Una storia ritrovata, edito da Dexia crediop, illustra la sorprendente scoperta, che ha aperto nuove strade interpretative e nuovi punti di vista sulla cultura artistica operante a Roma nel corso del Duecento. Gli affreschi erano nascosti da una pittura raffigurante un cielo azzurro e solo l’intuizione della Draghi ha permesso di capire che lì sotto si celava ben altro. Dopo aver descialbato 830 metri quadrati di superficie, è riaffiorato alla luce a poco a poco un meraviglioso repertorio di motivi e decori parietali, in gran parte ottimamente conservato, che è stato definito da qualcuno «la Cappella Sistina del Medioevo». Le suggestive immagini affrescate raffigurano il calendario dei mesi e delle stagioni, le arti liberali, i vizi e le virtù, lo zodiaco e le costellazioni. Anche se fondamentalmente laiche, o meglio enciclopediche, le pitture hanno un carattere allegorico di esaltazione della giustizia e una bellezza formale che allude a una bellezza spirituale superiore.

L’autore è stato identificato col III Maestro della cripta del duomo di Anagni, un pittore straordinario per il colore e la forza espressiva. La datazione dei dipinti dovrebbe essere tra il 1240 e il 1250. Prima di questo ritrovamento si riteneva che la grande pittura del Duecento fosse soprattutto toscana, ma ora viene restituito a Roma un ruolo centrale.

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