L’apertura della Cina agli investimenti stranieri è ormai una realtà. Dalla fine di luglio, gran parte dei divieti intesi a proteggere le compagnie del gigante asiatico dalle acquisizioni estere perderanno efficacia. La decisione del Governo di Pechino sarebbe un tentativo di preservare la crescita economica del Paese dalle ripercussioni della “guerra” commerciale con gli Usa.
Ad aprile, le autorità cinesi si erano impegnate a modificare radicalmente le norme che finora avevano scoraggiato le società di altre nazioni a investire nel mercato orientale. Ribadendo la volontà di rispettare le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Omc), la Repubblica popolare, in questi giorni, ha manifestato un deciso slancio riformista. La National Development and Reform Commission (Ndrc) ha infatti pubblicato il cronoprogramma delle innovazioni legislative auspicate dall’Omc. Quest’ultimo contiene un elenco dei settori destinati ad aprirsi agli operatori stranieri. La data fissata per l’abrogazione di gran parte dei vecchi provvedimenti protezionistici è il 28 luglio. Dopo tale giorno, gli istituti di credito potranno subito essere acquisiti da investitori internazionali, in quanto perderanno efficacia le disposizioni che attualmente sanciscono l’impossibilità per soggetti non-cinesi di detenere la maggioranza delle azioni delle banche nazionali. Le compagnie di assicurazione, invece, potranno essere di proprietà estera soltanto a partire dal 2021, mentre dal 2022 lo saranno le case automobilistiche.
L’apertura della Cina agli investimenti stranieri riguarderà anche il mercato dei prodotti agricoli. Dalla fine di luglio, gli operatori non-cinesi potranno fare il loro ingresso nel commercio di grano, soia e riso. Resteranno in vigore le restrizioni relative all’allevamento di bovini, all’itticoltura e allo sviluppo di ogm. I capitali esteri potranno poi essere impiegati per controllare le compagnie presenti nel settore energetico. La rete elettrica del Paese e le infrastrutture per la distribuzione del gas, di conseguenza, non saranno più gestite esclusivamente da State Grid Corp. of China e da China Southern Power Grid Co., società statali, ma si apriranno al mercato globale. Dopo il 28 luglio, inoltre, perderanno efficacia le leggi sul monopolio pubblico nell’estrazione delle “terre rare”, minerali ampiamente utilizzati nell’elettronica.
Entro il 2022, i settori oggetto della normativa protezionistica scenderanno da 63 a 48.
Secondo gli analisti economici, la leadership di Pechino avrebbe compreso che la crescita di Pil derivante dall’apertura della Cina agli investimenti stranieri potrebbe compensare in maniera significativa il calo delle esportazioni verso gli Stati Uniti, calo causato dai dazi decisi da Trump contro il gigante asiatico.
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