Auto, filiera e sindacati uniti: "Senza piani, rischio crac"

Le associazioni del settore: "In Legge di bilancio e Pnrr nessun riferimento a sostegni per la transizione green"

Auto, filiera e sindacati uniti: "Senza piani, rischio  crac"

Filiera automotive e sindacati tutti uniti nel denunciare «la totale assenza, nella Legge di bilancio e nel Pnrr, di interventi strutturali e misure per affrontare la transizione ecologica ed energetica della mobilità, non essendo stati stanziati fondi né a sostegno della domanda né a sostegno dell'offerta».

Pandemia che rialza la testa; incertezza dilagante tra i consumatori; mancanza di chip e costi alle stelle delle materie prime, con i conseguenti blocchi alle produzioni e delle consegne di veicoli ai concessionari; incentivi «stop and go» che non risolvono l'annoso problema di un parco circolante da rinnovare. Tutti fattori che hanno fatto indossare all'Italia, in ottobre, la maglia nera (-35,7%) delle immatricolazioni, in Europa, tra i cinque principali mercati. Eppure, dal governo, in particolare dal ministero dello Sviluppo economico, promotore anche del «Tavolo automotive», erano arrivate garanzie di massima attenzione a un comparto centrale per il Paese, per di più alle prese con il complicato e costosissimo cambio di passo dettato dall'accelerazione dell'Ue verso una mobilità totalmente elettrica. Tre i miliardi ipotizzati dal governo all'interno di un piano triennale strutturale di sostegni al settore, capace di contribuire allo svecchiamento del parco circolate e spingere gli acquisti di veicoli a zero e bassissime emissioni.

Nulla, invece, di tutto questo. Da qui la reazione stizzita di Anfia (filiera italiana), Unrae (importatori), Federauto (concessionari), Aniasa (flotte e noleggio) Motus-E (mobilità elettrica), Assofond (fonderie) e Ucimu (sistemi per produrre) a cui si sono uniti i sindacati Fim, Uilm e Fiom.

«Si prospettano - l'avvertimento delle associazioni - gravissimi impatti sul mercato e rischi di tenuta di una filiera nazionale che vanta un'importante tradizione manifatturiera automotive. Siamo l'unico Paese europeo che non sostiene e instrada il consumatore verso acquisti di vetture e veicoli commerciali a zero e bassissime emissioni, né interviene a tutela dei livelli occupazionali». Quattro i nomi che vengono fatti e ai quali è rivolto l'appello: il premier Mario Draghi, i ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico), Roberto Cingolani (Transizione ecologica) e Daniele Franco (Economia).

Ferdinando Uliano (Fim) ricorda come «in Italia il già previsto cambio delle motorizzazioni mette a rischio oltre 60mila posti». «In particolare - precisa - abbiamo chiesto un Fondo per sostenere la trasformazione dell'industria automobilistica: dalla digitalizzazione al cambio delle motorizzazioni, alla produzione di batterie a chip, ma anche delle tecnologie dell'idrogeno e delle catene del valore dell'economia circolare; finanziando, contemporaneamente, la modernizzazione dell'organizzazione del lavoro nelle piccole e medie imprese».

E Gianluca Ficco (Uilm): «Subito la riconvocazione del Tavolo automotive e provvedimenti per scongiurare chiusure e licenziamenti nelle migliaia di imprese della filiera». Per Michele De Palma (Fiom), «c'è anche il rischio di perdere produzioni ad alto valore aggiunto in favore di altri Paesi europei che, con i loro piani di settore, stanno re-internalizzando la filiera produttiva».

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