Quante volte occorrerà ancora denunciare la grave carenza delle connessioni delle reti e dimostrare, prove alla mano, che questo deficit infrastrutturale penalizza la competitività italiana? E quante volte si dovrà spiegare a chi guida il Paese che una politica dei trasporti basata su infrastrutture realizzate senza che appartengano a un disegno d'insieme può solo fallire?
Forse per farlo comprendere potrebbe servire un esempio: quello che arriva dalla Cina, che ha dato vita a una banca, l’Asian international infrastrutture, con l'obiettivo di realizzare un progetto sulle infrastrutture da far impallidire il progetto Marshall, costruendo “la nuova via della seta”.
Un progetto che si concretizzerà attraverso 5 corridoi e che con una bretella collegherà, attraverso le sue diramazioni, 3 continenti. Già 32 miliardi di dollari sarebbero arrivati e altri 60 sarebbero in viaggio.
Chissà, forse guardando a quel progetto, al quale partecipano 58 nazioni Italia compresa, i nostri politici potrebbero ricordarsi dei corridoi destinati ad attraversare l’Europa. E magari potrebbero addirittura notare come tutti e tre quei corridoi partano dai porti di Anversa e Rotterdam senza attraversare l’Italia; o che, in sostituzione del corridoio adriatico, se ne prevede uno nell’area balcanica avente come porto terminale il Pireo.
E con un ulteriore piccolo sforzo potrebbero perfino arrivare a qualche importante deduzione: scoprendo, per esempio, che dopo aver eliminato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, e con esso il ruolo di piattaforma logistica della Sicilia, si sta portando avanti una politica d'investimenti che non mira a intercettare il traffico proveniente dal canale di Suez e, peggio ancora, che non rivendica un ruolo per l'Italia nel quadro evolutivo dei collegamenti intercontinentali.Il 12 e 13 ottobre a Cernobbio si parlerà di tutto questo. Sperando che il mondo politico voglia comprendere.
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