La Bce ha deciso di alzare per la seconda volta consecutiva i tassi di interesse di 75 punti base. Pertanto, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale salgono rispettivamente al 2%, al 2,25% e all'1,50%. Il tasso principale al 2% tocca il livello più alto dal primo trimestre 2009, quando a guidare la Bce era Jean Claude Trichet. Christine Lagarde ha annunciato che la Banca centrale europea torna in campo per evitare che l'inflazione continui a rappresentare un problema per l'Unione.
Il Consiglio direttivo della Bce prevede "di aumentare ulteriormente i tassi di interesse per assicurare il ritorno tempestivo dell'inflazione all'obiettivo del 2% a medio termine". Esso definirà l'andamento dei tassi di riferimento in futuro in base all'evolvere delle prospettive per l'inflazione e l'economia, riflettendo un approccio secondo il quale le decisioni sui tassi vengono definite di volta in volta a ogni riunione.
Cosa cambierà per i cittadini italiani? Sicuramente si incentiverà la svolta per i mutuatari dai tassi fissi ai tassi variabili per coloro che acquisteranno casa. L'effetto della prima stretta della Bce di luglio si sta già sentire sui tassi dei mutui casa che, in media, a settembre sono saliti dal 2,07 al 2,17%, tornando così ai livelli di giugno 2016. La fotografia arriva dal più recente rapporto mensile dell'Abi nel quale si registra una diminuzione delle richieste di mutui a tasso fisso che rappresentano ora il 40% dei nuovi prestiti contro il 53,9% di agosto.
"l rialzo dei tassi ufficiali dello scorso luglio si è solo in parte trasmesso sul costo del credito a imprese e famiglie, che rimane nel complesso su livelli ancora contenuti", segnala Bankitalia nel Bollettino economico aggiungendo che in agosto il tasso di interesse medio sui nuovi prestiti bancari alle aziende è salito di quasi 30 punti base rispetto a maggio (all'1,4 per cento), in linea con l'incremento medio osservato nell'area dell'euro. Quello sui nuovi prestiti alle famiglie per l'acquisto di abitazioni è cresciuto di quasi 20 punti (al 2,1%), avvicinandosi ai livelli di fine 2017. Ma ovviamente questi scenari sono costruiti su tassi allo 0,5% e non contano i due rincari dello 0,75% che possono imporre una svolta drastica.
Un report elaborato da Mutuionline ha calcolato che, a fronte di un mutuo a tasso variabile da 140mila euro rimborsabile in 20 anni, la rata mensile salirebbe di circa 50 euro per effetto di questo rincaro. E dopo i 90 euro medi di rincaro delle precedenti strette si tratterebbe di una nuova batosta.
Un tasso a 10 o 20 anni di matrice fissa potrebbbe passare, contando anche il peso dell'Euribor attorno allo 0,3% annuo, dal 2,4-2,5% pre-rincari dei tassi a un 4,25-5% medio rendendo di fatto, complice l'impatto dell'inflazione, relativamente più conveniente la scelta a tasso variabile fortemente sconsigliata agli investitori negli anni del denaro facile targato Bce. In ogni caso anche il fisso si aggirerebbe attorno al 4%.
La scelta di proseguire, come fatto dalla Fed americana, su ulteriori aggiustamenti ai tassi mese dopo mese, eventualità che anche autorevoli testate come il Financial Times danno come estremamente probabile, può avere un impatto notevole sui conti correnti dei cittadini europei e italiani in particolare. Non solo per i mutui: Giuditta Mosca su queste colonne ha ricordato che quello dell'aumento dello 0,75% dei tassi in questa fase era lo scenario più rigorista e che "i prestiti personali potrebbero costare, in termini di interessi, almeno il 6%. Si tratta di un valore medio perché i tassi di interesse sui prestiti variano anche a seconda dello scopo a cui questi sono finalizzati. Dati alla mano, però, sempre considerando un prestito per l’acquisto di beni e servizi oggi il tasso migliore è del 5,9%, in aumento rispetto al 5,7% di 12 mesi fa".
Le banche possono, da un lato, temere per la prevista contrazione della domanda ma dall'altro pensare a una maggiore patrimonializzazione. Il differenziale tra il tasso medio sugli impieghi e quello sulla raccolta a settembre è risalito a 199 punti base da 186 punti il mese precedente. Lo spread in questionne, che negli anni d'oro per le banche, prima della crisi finanziaria globale, era arrivato fino a 335 punti base, è destinato fisiologicamente a risalire, stimano dall'Abi, certamente sopra i 200 punti base. Questo vuol dire che una bannca avrà mediamente un rendimento netto del 2% dagli impieghi delle risorse raccolte al netto delle riserve vincolate.
Nessun problema, invece, per lo spread Btp-Bund. Dopo l'annuncio della Bce che ha alzato nuovamente i tassi di interesse dello 0,75% per contrastare la corsa dell'inflazione il differenziale segna 219 punti base, con un rendimento al 4,302%, in calo di 10 punti rispetto al momento pre-annuncio. I mercati hanno da tempo interiorizzato questa svolta.
Ora l'obiettivo di governi, banche e imprese dovrà essere evitare che linearmente gli aumenti della Bce si trasmettano sui tassi pagati dai cittadini. Erodendo dunque il potere d'acquisto già compromesso in parte dall'inflazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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