Jens Weidmann certifica il finis vitae del piano di acquisti della Bce: entro aprile dell'anno prossimo, il quantitative easing deve essere già seppellito perché reliquia di un passato turbolento che l'eurozona si è lasciato dietro le spalle. Torna alla carica dalle colonne di Die Zeit, il capo della Bundesbank, per invocare la normalizzazione della politica monetaria. E, soprattutto, per far capire a Mario Draghi che aria tira. Ai tedeschi va stretto lo sconticino di 20 miliardi praticato dal 1° aprile sullo shopping dell'Eurotower (da 80 a 60 miliardi al mese): un motivo più che valido per non allentare il pressing teso a ottenere la rottamazione delle misure di aiuto. Il presidente della Bce è dunque avvisato: anche se l'inflazione è ben lontana dal target del 2%, il fiato sul collo dei falchi continuerà a farsi sentire per tutto l'anno.
Il ruolino di marcia indicato da Weidmann è preciso. «Sarebbe auspicabile che entro un anno non ci siano più acquisti di bond», spiega al settimanale. Per poi aggiungere: «Dal mio punto di vista si sta avvicinando il momento di non spingere più sull'acceleratore, ma di togliere il piede dal pedale». Una diversa impostazione strategica sorretta, dal punto di vista del numero uno della Bundesbank, da una ripresa economica «robusta e che continuerà», in presenza di un aumento della «pressione sui prezzi». Data per buona l'analisi del banchiere tedesco, resta da capire come sia possibile sotto il profilo operativo arrivare fra un anno a un azzeramento del Qe. Se non subirà ritocchi fino a dicembre (come peraltro Draghi ha più volte ribadito), in soli tre mesi il piano dovrebbe essere totalmente smantellato. Una rapidità un po' brutale, in contrasto con i principi di gradualità fin qui seguiti dalla Bce. I mercati andrebbero inoltre preparati con largo anticipo, in un anno reso particolare dal voto in Francia e in Germania. Due appuntamenti che potrebbero indurre l'Eurotower a non variare in modo troppo aggressivo le proprie linee-guida. Tra l'altro, la crescita robusta di cui parla Weidmann riguarda solo alcuni Paesi dell'eurozona. L'Italia non è tra questi, e una rimozione della stampella monetaria rischierebbe di avere ripercussioni sullo spread Btp-Bund, tornato in questi giorni sopra quota 200 anche se per motivi tecnici (la sostituzione del decennale di riferimento), sulla spesa per interessi sul debito pubblico (destinato quindi a peggiorare) e sul Pil. Con il rischio di non riuscire a centrare gli obiettivi di finanza pubblica e di dover varare manovre da lacrime e sangue.
È ciò che la Grecia ha dovuto subire per evitare il default. Misure draconiane in cambio di aiuti finanziari.
Ma la terza tranche da 86 miliardi di euro tarda ad arrivare e i negoziati di domani all'Eurogruppo sulla verifica dell'attuazione del programma di riforme potrebbero rivelarsi un fallimento. Il premier ellenico, Alexis Tsipras, ha infatti già chiesto la convocazione di un vertice dei capi di Stato e di governo dell'eurozona.
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