Una slavina borsistica si è abbattuta su Mps, dopo le smentite di Unipol e Bper sull'ipotesi di fusione entro l'anno. L'istituto guidato da Luigi Lovaglio, che era cresciuto molto negli ultimi mesi, ieri ha ceduto il 10,8% a quota 2,17 euro per azione. Il tutto è stato innescato dalle dichiarazioni a margine dell'incontro annuale della Consob con il mercato finanziario, in Piazza Affari: «Non siamo mai stati contattati da nessun governo sul dossier Mps» ha detto il presidente di Unipol, primo azionista di Bper, Carlo Cimbri. E bolla come «fantasie giornalistiche» le ricostruzioni che assegnano alla compagnia bolognese un ruolo attivo nel caldeggiarne la fusione con Mps. Le dichiarazioni del presidente di Unipol, tra l'altro, seguono quelle piuttosto nette dell'ad di Bper Piero Luigi Montani: «Mps è a Siena, a noi non interessa nulla». Montani alza e Cimbri schiaccia: «Se non interessa a lui, a me ancora meno».
Al di là della smentita, comunque, in realtà Cimbri non chiude completamente alla nascita di un terzo polo bancario in Italia, che è poi l'obiettivo da tempo dichiarato del un governo guidato da Giorgia Meloni. «Il tempo definirà le opportunità e le situazioni», ha proseguito; «quello che succederà domani dipende dal risultato che siamo in grado di raggiungere tutti i giorni». Su Bper «auspico che la banca vada bene, che dia soddisfazione ai propri clienti, che ragioni da grande banca e non da banca grande e che dia una remunerazione soddisfacente per gli azionisti».
Presente all'evento di Palazzo Mezzanotte anche il neo presidente di Mps, Nicola Maione. «Noi continuiamo a lavorare sulla strada del miglioramento dei conti, degli utili, e andiamo avanti», risponde Maione a chi gli chiede un commento riguardo le parole pronunciate poco prima da Montani. Da poche settimane il manager è al vertice dell'istituto dopo essere stato già consigliere nel triennio precedente. Maione è l'unico esponente del cda della banca indicato tre anni fa dal Tesoro ad essere stato confermato da via XX Settembre nella lista presentata quest'anno per il rinnovo degli organi.
Ora, dopo il no di Bper e con Banco Bpm che si è più volte chiamata fuori dalla partita, non rimangono più petali alla margherita del Mef, azionista di Rocca Salimbeni con il 64,2%, che in accordo con l'Europa in teoria dovrebbe uscire dal capitale entro il 2024. Non sembra essere all'orizzonte una mano tesa di Unicredit, che pure aveva trattato l'aggregazione senza trovare un accordo sotto il governo Draghi. E nemmeno Intesa Sanpaolo può fare granchè per problemi di Antitrust.
Tutto questo nonostante il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, avesse definito Mps «una preda
ambita». Di certo la banca negli ultimi conti trimestrale ha confermato la sua capacità di produrre profitti. Ed è anche per questo che il titolo, nonostante lo scossone di ieri, resta in positivo del 19,1% nell'ultimo mese.
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