La Buba avvisa Draghi: "Basta col Qe senza fine"

La Merkel difende il maxi-surplus: "Più piccolo di ciò che appare. E non vogliamo avere debiti"

La Buba avvisa Draghi: "Basta col Qe senza fine"

L'attitudine al no è stata per lungo tempo un tratto distintivo di Jens Weidmann. Dal primigenio nein alla flessibilità fiscale, al niet agli eurobond, fino al no duro e puro al quantitative easing. Poi, l'inflessibile presidente della Bundesbank si è sorprendentemente ammorbidito, al punto da schierarsi dalla parte di Mario Draghi. Il tapering, cioè il ritiro delle misure temporanee, va messo in discussione? «Quando la ripresa si consolida e l'aumento dell'inflazione non è più di natura temporanea, dobbiamo discutere attentamente di questo tema», sentenziava all'inizio del mese. Non ora, dunque. Ma a distanza di un paio di settimane, ecco il leader della Buba che riprende a guerreggiare con l'ex governatore di Bankitalia: «È giusto chiedersi, come ha fatto Yves Mersch due settimane fa, quando dovremo togliere gas dalla politica monetaria e se, nel frattempo, la comunicazione della Bce non dovrebbe essere un po' più simmetrica, ad esempio rinunciando a parlare della possibilità di una politica monetaria ancora più accomodante». Come dire: caro Mario, smettila di ribadire che il Qe può essere allungato oltre la fine del 2017, perché a dicembre il dossier sulla rottamazione del piano deve essere già sul tavolo dell'Eurotower.

Insomma, l'ennesimo altolà. Da leggere, se si vuole, in chiave contabile. Perché, di sicuro, Weidmann non ha fatto i salti di gioia quando ha messo gli occhi sull'ultimo bilancio dell'istituto. Soprattutto alla voce utili, crollati dai 3,2 miliardi del 2015 al miliarduccio scarso dello scorso anno. La colpa? Proprio di quel Qe che impone alla Buba di portarsi in casa una montagna di Bund, perlopiù a tassi sottozero. Un'operazione a saldo negativo, con due ripercussioni: versamenti minori allo Stato (appena 399 milioni, l'assegno più magro dal 2004, mentre i residui 600 serviranno a pagare le pensioni) e un aumento delle riserve come paracadute contro future perdite. «Per noi è una situazione nuova», si è limitato a osservare Weidmann. Ovviamente non gradita.

Ma l'avviso da falco mandato a Draghi potrebbe anche riflettere il mutato atteggiamento di Angela Merkel rispetto alla polemica innescata da Donald Trump sul marco travestito da euro. «In questo momento abbiamo ovviamente un problema con il valore dell'euro - ha spiegato qualche giorno fa la Cancelliera - . La Bce ha una politica monetaria che non risponde alle esigenze della Germania. Se avessimo ancora il marco, avrebbe sicuramente un valore ben diverso da quello dell'euro». Più che un atto di compiacenza nei confronti del presidente Usa, un attacco in piena regola all'Eurotower che manda in soffitta l'asse Bce-Berlino che sembrava profilarsi allo scopo di contrastare il tycoon. Il tutto mentre la Germania continua a macinare avanzi commerciali record, con quasi 24 miliardi di euro nel 2016.

«Se si considera l'ammontare del surplus solo a livello federale, la cifra è piuttosto limitata. E non vogliamo fare debiti», ha subito messo le mani avanti la Merkel. Gli inviti a spendere quel surplus, sono destinati a cadere nel vuoto.

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