"Tasse? Ecco come va riformato il catasto"

La riforma del catasto continua a far discutere. Ne parliamo con Marco Dettori, VicePresidente nazionale Ance

"Tasse? Ecco come va riformato il catasto"

Il dibattito si fa, di giorno in giorno, sempre più acceso con Fratelli d’Italia sulle “barricate”, i partiti di governo impegnati a rassicurare i cittadini che non ci sarà un aumento della pressione fiscale e il premier Mario Draghi che dopo il Consiglio dei Ministri che ha approvato la Nadef 2021, si è impegnato a non far pagare né più né meno di quanto già previsto. Fatto sta che dopo il nulla di fatto degli anni passati, la riforma del Catasto sembra essere, oramai, ai "nastri di partenza" creando più di qualche preoccupazione tra consumatori e associazioni di comparto che aspettano di avere informazioni più dettagliate per capire di cosa si tratterà effettivamente e quali conseguenze potrebbero esserci dato che non si sa bene, ancora, quale sarà l’impostazione complessiva della misura.

La riforma, che dovrebbe essere contenuta nella legge delega fiscale, non avrà un iter brevissimo e il governo solo dopo il passaggio in parlamento potrà mettere a punto i decreti dedicati con i tempi tecnici di approvazione ed esecuzione su cui fare le valutazioni delle ricadute in termini di imposizione fiscale.

Non è il momento più opportuno per introdurre una riforma che metta le mani nelle tasche degli italiani” afferma Marco Dettori, VicePresidente nazionale con delega al settore Economico-fiscale-tributario dell’Ance, Associazione nazione dei costruttori edili: “La preoccupazione (che dietro la riforma ci sia una patrimoniale, Ndr) è legittima e il rischio è effettivamente concreto pur ritenendo che, con una certa gradualità, il problema debba essere affrontato ma con criteri certi”.

Cosa comporterebbe la revisione degli estimi catastali, in termini di costi, per le famiglie italiane?

La revisione degli estimi porta con sé il rischio di un incremento della base imponibile delle imposte; non a caso della riforma si parla da 10 anni ma nessuno ha voluto affrontare il problema perché significa esporsi su temi che per i contribuenti non sono piacevoli. L’accelerazione sulla riforma potrebbe nascere dal fatto che ci troviamo davanti ad un governo che, pur essendo appoggiato da una larga maggioranza politica, è principalmente tecnico e verosimilmente vuole affrontare il tema da un punto di vista squisitamente tecnico”.

È il momento giusto per mettere in campo una riforma dal catasto?

Non esiste mai un momento giusto per fare delle riforme che possano poi portare ad un eventuale aumento della base imponibile ma questo, certamente, è un periodo davvero molto delicato, nel quale molte categorie economiche hanno sofferto, quindi non è il momento opportuno per una riforma dati i rischi di un incremento dell’imposizione. Diverso, invece, sarebbe iniziare un ragionamento di natura tecnica che possa far emergere le eventuali incongruenze al fine di trovare i necessari correttivi; all’interno del catasto ci sono numerosi dati che devono essere rettificati in quanto o non sono attualizzati o, invece, sono sovradimensionati. Quindi sì per una verifica di natura tecnica sulla metodologia di approccio alla riforma del catasto ma no per l’attuazione, ad oggi, di una riforma”.

Gli indicatori macro-economici parlano di una ripresa per il nostro Paese maggiore di quanto ipotizzato negli scorsi mesi; quali effetti potrebbe avere la riforma su questo trend?

Di certo un aumento indiscriminato delle rendite darebbe degli effetti negativi sull’economia perché andrebbe a toccare le tasche degli italiani. Andrebbe svolta, invece, un’analisi di tutta una serie di altri obiettivi di tipo qualitativo relativi al patrimonio edilizio oggi presente in Italia; ad esempio le case nuove, che sono più performanti dal punto di vista energetico, hanno una rendita altissima e quindi pagano delle imposte patrimoniali elevate mentre gli immobili sui quali non sono stati fatti interventi di alcun genere da un punto di vista edilizio e che non si sono mai adeguati sotto il profilo energetico, hanno delle rendite bassissime. Probabilmente in un Paese in cui si ha un Ministero della Transizione Ecologica ed in cui sono stati messi in campo incentivi importanti per la riqualificazione energetica si dovrebbe fare un ragionamento evoluto su una tipologia di imposta inversamente proporzionale alle condizioni energetiche degli immobili e dei fabbricati in modo tale da riequilibrare le regole dell’imposizione”.

Sul versante delle entrate, se si segue l'impostazione dell'invarianza di gettito, è possibile che la riforma non provochi un aggravio della tassazione dato che modifica l'attuale sistema di valutazione catastale?

La riforma porta con sé una sorta di squilibrio nel cumulo complessivo delle imposte. Non credo che l’invarianza di gettito sia un obbiettivo effettivamente raggiungibile ma è stato “sbandierato” quando si iniziò a parlare di riforma del catasto per tranquillizzare le associazioni e i portatori di interesse; va da sé che una riforma di questa portata interviene, probabilmente, sull’ammontare generale del gettito complessivo”.

E modificando il criterio di valutazione dei valori catastali da vani a mq2 è possibile intervenire sulla sperequazione delle basi imponibili senza aumentare la pressione fiscale?

Non è affatto semplice; va detto, però, che già oggi non si ragiona più in vani ma in superfici - ad esempio nel comparto commerciale e degli immobili ad uso uffici - ma essendo buona parte dal patrimonio edilizio ad uso abitativo si è preferito mantenere il criterio dei vani. Credo che debbano essere attualizzati questi tipi di dati ma è chiaro che un’operazione del genere si porterebbe dietro qualche rischio sull’invarianza del gettito”.

Molte associazioni di categoria come Confcommercio e Confedilizia si sono dette preoccupate dalla riforma temendo che dietro ci sia una patrimoniale celata. È possibile?

La preoccupazione è legittima e il rischio è effettivamente concreto; riteniamo che questo non sia il momento giusto per operare tout court una revisione delle rendite del catasto che porta con sé il rischio dell’incremento complessivo delle imposte. C’è da avviare in modo responsabile, considerando gli obiettivi di medio e lungo termine e di politiche industriali del nostro Paese, una attualizzazione della rilevazione catastale attraverso cui avviare, successivamente, dei ragionamenti sia in termini di prelievo delle imposte che di applicazione delle aliquote. Per questo motivo sarebbe importante l’introduzione dei criteri di classificazione energetica e zonizzazione sismica. Quindi siamo perplessi su una revisione tout court ma restiamo disponibili a partecipare ad un confronto per costruire una politica industriale proficua di medio e lungo termine”.

Dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), oltre alla riforma del catasto sono emersi elementi importanti come il rinnovo degli incentivi per gli interventi sugli immobili (Super-bonus 110). Quali misure dovrebbero essere messe in campo o rinforzate?

Il tema degli incentivi è importantissimo per il comparto e per i contribuenti soprattutto se si considera che la casa rappresenta una parte fondamentale del loro patrimonio. Però gli incentivi sono “schiavi” della legge di bilancio e questo limita l’organizzazione di una politica industriale di comparto. È indispensabile fare un ragionamento tecnico sulla durata di questi incentivi nell’ottica degli obiettivi di medio termine delle politiche energetiche; rimanere “attaccati” alla legge di bilancio che di anno in anno ha il problema di trovare le coperture non favorisce né il comparto né i consumatori.

C’è molto interesse per una strutturalità degli incentivi, ma sarebbe opportuno aprire un tavolo di verifica per capire cosa si può offrire sia ai consumatori che al mondo delle imprese per creare una politica industriale di medio termine che permetta loro di organizzarsi in modo concreto”.

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