Per combattere il caro energia il governo cerca 15 miliardi (che non ci sono)

Le misure per supportare famiglie e imprese hanno un costo proibitivo per le casse dello Stato. Per il momento il taglio sulle accise dei carburanti per un altro mese è la mossa più urgente

Per combattere il caro energia il governo cerca 15 miliardi (che non ci sono)

Le forze politiche ipotizzano scenari per rendere meno pesanti i costi delle energie che gravano sulle spalle di imprese e famiglie. Il governo Draghi temporeggia perché vige la volontà di emettere un ulteriore decreto ma senza dovere ricorrere al deficit. Si cercano i fondi per varare le misure e, nel rispetto delle urgenze, possiamo dire che, il taglio sulle accise sui carburanti pari a 30,5 centesimi al litro dovrebbe essere esteso per un altro mese, ovvero fino al 20 ottobre. Un’operazione che costa circa un miliardo di euro e che rappresenta una sorta di tampone, perché se quella dei carburanti è una situazione stringente, i prossimi mesi saranno cruciali dal punto di vista dei consumi e dei costi delle energie e il decreto, con cui verranno stabiliti gli aiuti, ha bisogno di tempo per essere emanato.

Un decreto da 10-15 miliardi di euro

I fondi necessari non sono ancora stati definiti: la soglia dei 10-15 miliardi è stata riportata da Repubblica ma ci sono voci divergenti, tra le quali il parere di Matteo Salvini che parla di necessità per 30 miliardi di euro. I contabili dello Stato sapranno fornire cifre più precise ma occorre scendere in profondità per capire i motivi che stanno portando il governo a raschiare il fondo del barile. L’azzeramento degli oneri di sistema sul gas o la volontà di ridurre ulteriormente l’Iva sono due strade percorribili, come fa notare Open, ma la coperta sarebbe sempre corta.

Persone e imprese avvertono un’emergenza, quella legata al caro-energia, che lo Stato è chiamato ad affrontare. Questa è la trama del racconto, l’intreccio però obbliga a introdurre ulteriori sfumature. Il governo vuole prima trovare i fondi necessari, mentre alcune forze politiche lasciano comprendere che aumentare il deficit non sia un tabù. L’esecutivo in carica vuole prima rendicontare le entrate per considerare l’intera questione dal punto di vista di chi è forte di cifre certe che permettano di dare corpo al prossimo decreto Aiuti. E qui, per mutuare un termine letterario, casca l’asino.

I soldi ci sarebbero?

Lo slogan “I soldi ci sono” va rivisto nel modo verbale, scomodando il condizionale: i soldi ci sarebbero, se. Cominciamo dall’entrata più corposa, quella dell’imposta al 25% sugli extraprofitti delle compagnie elettriche. Dei 4,2 miliardi attesi durante il primo semestre del 2022, il fisco ha incamerato circa un miliardo di euro. Così, chi è parte attiva nella filiera energetica e ha tutto l’interesse che imprese e famiglie saldino le bollette, zavorra sé stesso. Il termine per il saldo del dovuto è fissato al 31 agosto 2022, tra qualche giorno sarà quindi possibile capire quanti fondi saranno necessari per il nuovo pacchetto di aiuti, aggiungendo anche i 5-6 miliardi che l’erario attende di incamerare da altre fonti fiscali. Se tutti pagassero potrebbero essere impiegati a stretto giro 8-9 miliardi di euro, un importo non sufficiente a coprire le disponibilità utili al prossimo decreto ma che riducono il problema in modo sostanziale. Come quasi sempre accade quando si usa il condizionale, c’è un “ma” e anche un “però”. La pandemia e la crisi energetica sono elementi che mettono in difficoltà oggettiva chi ha partite aperte con il fisco. Così, dalla lotta all’evasione e dal fronte del recupero dei debiti erariali pregressi, il fisco sta incassando meno denaro del previsto. La scarsa capacità di controllo delle entità fiscali del Paese collabora a mettere in ginocchio imprese e famiglie, in un momento in cui la lotta all’evasione non è soltanto la protezione dei sacrifici di chi paga le imposte ma elemento di prima importanza per la continuità del sistema Italia.

Non solo energie

Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, ha fatto notare che la crisi energetica non deve avere ripercussioni sulla transizione ecologica. Il ministro benedice le misure per calmierare i prezzi di energia elettrica, gas e dei carburanti ma occorre tenere alta la guardia e non cedere sui fronti delle pensioni, della sanità, della demografia e delle stesse finanze.

E questa è l’appendice: servono ulteriori fondi per gli altri grandi temi di interesse per l’Italia, concentrarsi soltanto sull’emergenza energetica non è sufficiente.

Tutto ciò tenendo conto anche che, considerata la crisi di liquidità delle aziende e le difficoltà a cui

vanno incontro un numero cospicuo di famiglie, introdurre nuove forme di prelievo fiscale (siano queste imposte o tasse) ed eliminare gli aiuti al reddito dei cittadini appare completamente fuori da ogni scenario plausibile.

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