La crisi colpisce pure Berlino: pil e industria in forte ribasso

Dopo l'allarme dell'Fmi, anche la Bundesbank certifica la contrazione del pil tedesco. Nemmeno l'industria sorride: giù gli ordinativi. Adesso la Merkel non sorride più

La crisi colpisce pure Berlino: pil e industria in forte ribasso

Le politiche di austerità che la cancelliera Angela Merkel ha imposto ai Paesi dell'Unione europea stanno colpendo, come un boomerang di ritorno, anche la Germania. Dopo l'allarme lanciato dal Fondo monetario internazionale, anche la Bundesbank ha tagliato le stime di crescita per la Germania nel 2013 e nel 2014.

"Molto dipenderà dalla stabilizzazione dell’area euro", mettono le mani avanti gli analisti della Bundesbank. Quello che è certo è che la Germania ha invertito la rotta. Il segno più davanti ai numeri di crescita si sta lentamente assottigliando, a un passo dallo zero. La banca centrale tedesca ha, infatti, previsto un aumento del prodotto interno lordo dello 0,3% quest’anno contro lo 0,4% previsto precedenza e un +1,5% nel 2014 rispetto al +1,9% della vecchia stima. Secondo il presidente Jans Weidmann, "molto dipenderà dalla stabilizzazione della situazione economica nei paesi in crisi dell’area euro" così come "da una sostenuta crescita a livello mondiale". Secondo la banca centrale tedesca in Europa "l’economia ha raggiunto il livello più basso" di caduta, ma tuttavia "problemi strutturali" bloccano "un rapido miglioramento". I punti di forza del paese, secondo gli economisti della Bundesbank, sono "la situazione positiva del mercato del lavoro, la moderata crescita dei salati e il rallentamento dell’inflazione". Elementi che "stanno sostenendo i consumi privati". Anche i risultati dell'industria tedesca, pubblicati in settimana, non lascia presagire niente di buono. Ad aprile gli ordini industriali sono, infatti, calati, su base congiunturale, del 2,3% oltre le attese degli analisti che avevano previsto una diminuzione del’1%.

Il ministero dell’Economia tedesco ha fatto presente che a marzo si era avuto un incremento del 2,3%, dato rivisto al rialzo dal precedente +2,2%. In particolare, gli ordini domestici sono scesi del 3,2%, quelli esteri dell’1,5% mentre quelli provenienti dall’Eurozona del 3,6%.

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