Le accuse fioccano da tutta Italia. Imprenditori che investono tutto sulla propria azienda e che alla fine, per colpa del coronavirus, rischiano di finire sul lastrico. Il governo non aiuta. Il decreto liquidità fa acqua da tutte le parti. Molto spesso chi ha un’azienda e chiede alla propria banca un prestito di emergenza viene ripagato con tassi elevati. Altro che prossimi allo zero, come sbandierato dal governo giallorosso nelle scorse settimane. Questa è la storia di uno di loro. Il proprietario di un’impresa che si è visto sbattere le porte in faccia dal proprio istituto di credito nel momento peggiore derivante dalla pandemia.
Un uomo d’affari con un fatturato di circa un milione di euro ha chiesto nei giorni scorsi a una delle più importanti banche italiane un prestito da 50mila euro. Una procedura di richiesta di liquidità di emergenza che si presume possa essere piuttosto frequente dato il periodo. I costi, inutile dirlo, sono molto elevati. L’operazione prevede mille euro di spese di istruttoria della pratica, uno spread di poco inferiore al 3% e 4 euro di spese incasso rata ogni mese. Il tutto per un tasso di interesse complessivo TAEG/ISC al 4,68%. Tutt’altro che una passeggiata.
Fonti di governo, ma anche diverse banche, avevano ipotizzato tassi di interesse vicini allo zero, considerato il livello del costo del denaro e l’importanza della garanzia statale (in questo specifico caso interverrebbe la Sace al 90%) per ridurre al minimo i rischi di crediti deteriorati. Da sottolineare anche l’eventuale 1,5% di interesse sul capitale residuo che l’istituto di credito chiede nel caso il piccolo imprenditore voglia ripagare il debito prima della scadenza.
Ne emerge un quadro certamente più oneroso rispetto alle promesse iniziali fatte dall’esecutivo. Come se alcune banche, de facto, continuassero a valutare le richieste pervenute sopra gli "automatici" 25mila euro con i soliti criteri di rischiosità del cliente/imprenditore. Lo scrive TgCom24. Inutile spendere altre parole. I fatti parlano da soli. "Le aziende andrebbero sostenute con degli indennizzi (non prestiti) che compensino le perdite, altrimenti il tessuto economico del Paese rischia di collassare con conseguenze disastrose", è il commento di un altro imprenditore.
Questa misura (il dl liquidità) sbandierata come un grande successo rappresenta non solo un insulto per le Pmi, ma anche la dimostrazione di non aver compreso minimamente la situazione. Secondo questa impostazione le aziende devono indebitarsi per coprire le perdite derivanti da una chiusura decisa dallo Stato. "Si tratta di un esempio di sciacallaggio e irresponsabilità", continua l’uomo. Il merito stesso dei provvedimenti presenta criticità enormi dimostrando di ignorare totalmente alcuni aspetti fondamentali.
Uno su tutti: la maggior parte delle piccole e medie imprese è già fortemente indebitata per sopravvivere a un decennio di crisi. Quindi molti hanno già esaurito il credito disponibile.
Per ripagare il finanziamento l’azienda dovrà fatturare per cifre tali da compensare la perdita dei mesi in cui è stata chiusa, più le spese, il che, considerando che non potranno prendere altri finanziamenti per investimenti e la ripresa lenta, è impossibile. Ora arriva anche il comportamento sconsiderato di una banca. Dovevano essere prestiti a costo zero. Bene, sembrerebbe che così proprio non è.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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