Sul calendario, la data del prossimo primo ottobre è cerchiata in rosso. Quella è la dead line, a indicare il tempo della pazienza ormai scaduto. Squilli di rivolta contro il caro-energia. Arrivano dal Regno Unito, lì dove l'inflazione è a un passo dalla vetta del 13%. È un Everest buca-tasche e fa paura. Così, oltre 75mila sudditi di Sua Maestà hanno già detto basta. Ponendo un ultimatum al governo: se entro la fine di settembre non verrà fatto nulla per tutelare i consumatori, scatterà lo sciopero della bolletta. Le fatture della luce e del gas non saranno più pagate.
Promossa da «Don't Pay», un gruppo anonimo che incita alla disobbedienza civile, l'iniziativa è per ora una piccola palla di neve. Ma i promotori sperano, in meno di due mesi, di trasformarla in una valanga formata da almeno un milione di inglesi pronti alla ribellione. Il tam-tam mediatico, a colpi di raffiche sparate su Twitter, TikTok, Instagram e Telegram, è già stato messo in moto. Ma più che sui video e sui cinguettii, il movimento spera di far leva sui 6,3 milioni di cittadini britannici che potrebbero scivolare il prossimo anno nella povertà proprio a causa dell'insostenibile pesantezza delle fatture domestiche. Il peggio, infatti, non è ancora dietro le spalle. Dopo aver alzato in aprile del 54% il tetto massimo del prezzo dell'energia, Ofgem ha già preannunciato nuovi aumenti. La Bank of England, impegnata a suon di rialzi dei tassi a contrastare l'inflazione malgrado i crescenti segnali di recessione, ha calcolato che con l'inizio dell'autunno le famiglie pagheranno in media 300 sterline al mese solo per illuminare la casa, tenere acceso il frigorifero e far funzionare la lavatrice. È la normale quotidianità che rischia di essere sconvolta dalla brutalità degli aumenti. Anche perché, a fronte della crescita negativa dei salari reali, altre stime fanno tremare portafogli già esausti: l'importo totale delle bollette da saldare, a cominciare da quella per il metano, potrebbe infatti schizzare nel 2023 a 4mila sterline. Proprio a causa del combinato disposto di rincari e nascente movimento di boicottaggio, il governo di Londra non dorme sonni tranquilli. Forse temendo una rivolta fiscale su larga scala. Come quella che all'inizio degli anni '90 vide 17 milioni di contribuenti rifiutarsi di pagare la «Poll Tax» introdotta da Margaret Thatcher. Un prolungato e collettivo sentimento di ribellione, contrassegnato dai tumulti di piazza fra manifestanti e polizia (tristemente celebri gli scontri, con oltre 200 feriti, a Trafalgar Square), costato il posto a Lady Iron e la fine del governo conservatore.
Ora resta da vedere in quanti aderiranno a Don't Pay Uk. Per molti il timore è quello di restare al buio, o senza gas, dopo essere finiti nel girone degli insolventi.
E' il motivo per cui i promotori dell'iniziativa puntano ad avere almeno un milione di sottoscrittori, in modo da avere una massa d'urto capace di mandare in tilt le società fornitrici. Che prima di staccare la spina sarebbero costrette a offrire un piano rateale di azzeramento dei debiti. Ultima spiaggia, i tribunali. Col rischio però di intasarne le aule e creare una coda di arretrati lunga mesi.
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