Già realtà in Italia, la tassa sugli extra profitti energetici pende come una spada di Damocle sul mercato inglese. E potrebbe anche scompaginarne gli equilibri futuri. Una questione anche italiana visto che Eni ha previsto di investire almeno 2,5 miliardi di euro nel Regno Unito nei prossimi quattro anni. L'anticipazione, resa nota dal Financial Times, va in scia alla richiesta del governo britannico alle compagnie energetiche di aumentare significativamente i loro investimenti per non fronteggiare una tassa «imprevista» sull'aumento dei profitti.
Eni, nono produttore di gas del Mare del Nord lo scorso anno, segue così la strategia adottata da Bp e Shell investendo una cifra considerevole nel Paese. Il futuro, però, ha qualche incognita. Il cancelliere dello scacchiere britannico Rishi Sunak è sotto pressione da parte dei parlamentari per imporre una tassa sui gruppi energetici i cui proventi andrebbero ad aiutare le famiglie alle prese con l'aumento delle bollette. I funzionari del Tesoro, preoccupati che una tale imposizione possa scoraggiare gli investimenti, stanno quindi esortando le compagnie petrolifere e del gas ad espandere ulteriormente i loro piani di investimento. Shell ha programmato investimenti da 20 a 25 miliardi di sterline nel prossimo decennio, e Bp ha promesso di spendere 18 miliardi di sterline entro la fine del 2030.
Un altro grande gruppo che ha da poco comunicato la pianificazione della spesa di ben 6 miliardi di sterline in ulteriori attività a monte nei prossimi tre anni è Harbour Energy. Ma tante altre società, nota ancora il quotidiano finanziario della City, non hanno ancora fatto trapelare nulla riguardo le loro mosse economico-strategiche. Da Total a Neo passando per Repsol, Spirit, Cnooc, Apache.
«In linea con l'Offshore Energies UK, (Oeuk, l'associazione di categoria per l'industria petrolifera e del gas offshore del Regno Unito) - ha spiegato l'Eni al Ft - riteniamo che sarebbe meglio garantire che le società energetiche accelerino gli investimenti nella transizione energetica piuttosto che imporre una tassa inaspettata che potrebbe avere l'effetto di rallentare gli investimenti futuri». Eni ha precisato che l'80% dei 2,5 miliardi di investimenti saranno spesi nella transizione energetica, ovvero nella cattura della CO2 e in progetti nelle energie rinnovabili, mentre il restante 20% sarà destinato alla produzione di petrolio e gas. Il gruppo ha spiegato di essere già uno dei principali contribuenti del Regno Unito e che un ulteriore prelievo potrebbe rendere gli investimenti futuri più difficili. I produttori di gas e petrolio nel Mare del Nord pagano una tassa pari al 30% e un 10% di contributo supplementare, contro il 20% complessivo della gran parte delle altre imprese. L'Oeuk si aspetta che quest'anno il settore versi nelle casse britanniche 7,8 miliardi di sterline di tasse.
In Italia, in parallelo, la tassa sugli extra profitti è già realtà e il
governo l'ha recentemente alzata dal 10 al 25% contando di raccogliere 6,5 miliardi. Le imprese sono però sul piede di guerra e stanno mobilitando gli avvocati per chiederne l'incostituzionalità come fu per la Robin Tax.
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