Idee, visioni e strategie dei giovani provenienti dalle imprese di famiglia sono una risorsa che può rappresentare un vantaggio competitivo e un’opportunità di sviluppo per i calzaturifici italiani. Tra sfide e nuove opportunità. Valori analizzati nella ricerca “L’azienda di famiglia? Una vera impresa! Il passaggio generazionale nell’industria a conduzione familiare” presentata all'assemblea annuale di Assocalzaturifici e realizzata dall' associazione con Liuc Business School.
“In un momento ancora critico per il nostro settore, Assocalzaturifici ha scelto di indagare un tema importante come quello del futuro delle aziende di famiglia per cercare risposte e nuove opportunità – ha spiegato Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici –. Quanto emerso dalla ricerca fa davvero riflettere: per queste aziende, che rappresentano il tessuto del nostro comparto, la vera continuità è costituita dal cambiamento che i giovani cresciuti in famiglie di imprenditori possono infondere alle loro imprese, se lasciati esprimere e innovare nell’ambito dell’organizzazione aziendale”.
Alla ricerca di tipo quantitativo ha risposto a un questionario mirato un campione di giovani appartenenti alle imprese calzaturiere italiane, di età compresa tra i 18 e i 40 e i loro parenti più anziani coinvolti direttamente nel processo produttivo. Agli under 40 e agli over 40 sono state rivolte alcune domande per capire come vedono l’impresa, verso quali direttrici la svilupperebbero, a chi chiederebbero aiuto e quali priorità darebbero a variabili come l’innovazione e l’internazionalizzazione.
LA FAMIGLIA “CANTIERE” D'IMPRESA
Secondo le premesse da cui muove la ricerca, circa il 70% delle imprese familiari non sopravvive alla prima generazione e solo una percentuale inferiore al 10% raggiunge i cinquant’anni di vita. Per questo è importante porre attenzione allo sviluppo all’interno del nucleo familiare di nuove personalità imprenditoriali. Ma in che modo?
La ricerca identifica alcune "trappole" da cui guardarsi e alcuni obiettivi a cui tendere. Tra le trappole c’è il familismo, l’immobilismo e l’eccessiva chiusura all’esterno. Tra gli obiettivi, la promozione di una proprietà responsabile e diffusa tra i membri della famiglia, la formazione scolastica, il coinvolgimento di terzi non appartenenti alla famiglia e l’analisi continua dei possibili modelli di leadership a cui puntare.
Gli obiettivi sono indicati da punti chiave da cui non si può prescindere. Così, per creare un ambiente favorevole ai giovani in azienda diventa importante "non confondere la famiglia con l’impresa, la disponibilità a manovrare l’assetto del capitale, la capacità di innovazione, quella di migliorare con continuità il processo anche attraverso figure esterne in azienda, la disponibilità a collaborare con altri partner e a creare legami duraturi con gli stakeholder e la propensione all’internazionalizzazione".
UNDER E OVER 40 A CONFRONTO
Davanti alla possibilità di ammettere che le emozioni, i sentimenti ed eventuali conflitti con gli altri familiari influenzano il loro processo decisionale, gli over 40 si dicono coinvolti per quasi il 40%, propensione che scende a poco più del 30% per i giovani.
Riguardo alla gestione dell’azienda, gli over 40 sono orientati a un forte controllo esclusivo del capitale aziendale – una scelta che riguarda quasi il 60% degli intervistati - mentre solo per il 30% degli under 40 questo aspetto è importante. Anzi, la quota di giovani che non è affatto d’accordo sull’esclusiva preservazione del controllo familiare dell’azienda è doppia rispetto a chi tra gli "over" ha la stessa opinione.
Una forte differenza si riscontra anche davanti all’opportunità di ingaggiare personale manageriale esterno per evolvere l’azienda: si dice molto d’accordo il 50% dei giovani intervistati, mentre tra gli "anziani" la percentuale supera di poco il 30%. È da notare che nessun under 40 si dice in completo disaccordo, mentre circa il 4% degli over 40 non inserirebbe mai manager esterni nella propria azienda.
Anche l’apertura dell’azienda a collaborazioni esterne con possibili stakeholder per iniziative utili alla comunità è accolta più freddamente dai senior, d’accordo per circa il 40% degli intervistati, percentuale che sale al 45% tra gli under 40. Più slancio nei giovani anche riguardo la possibilità di costruire forti relazioni con tutti i portatori di interessi, basate sulla fiducia e sul rispetto reciproco: mentre gli under 40 sono molto d’accordo per circa il 70% degli intervistati, gli anziani che sono della stessa opinione si attestano a poco più del 50%.
GIOVANI: SPAZIO A INNOVAZIONI E INTERNAZIONALIZZAZIONE
In un contesto in cui la mentalità degli imprenditori over 40 intervistati sembra legata a modelli piuttosto standardizzati di imprenditoria e controllo della gestione di impresa, si nota come ai giovani in azienda sia stato affidato comunque un preciso ruolo nell’ambito dell’innovazione. Così, alla domanda se negli ultimi 5 anni siano stati coinvolti con ruoli di responsabilità ad attività di promozione dell’innovazione circa il 78% degli under 40 risponde “abbastanza” e “molto”, ma solo il 4% del totale degli intervistati vede questa come sua totale responsabilità.
Sono sempre i giovani ad aver gestito, nello stesso periodo di tempo, collaborazioni esterne per garantire l’innovazione d’azienda (73% degli intervistati).
Allo stesso modo, e con risultati analoghi, la ricerca rivela che circa l’81% degli under 40 è stato coinvolto negli ultimi 5 anni in ruoli di responsabilità nelle attività di internazionalizzazione dell’azienda di famiglia.
IMPRESA CALZATURIERA E UNDER 40: LAVORI IN CORSO
La ricerca fotografa imprese sicuramente orientate al rinnovamento – il 50% di esse ha venduto con successo nuovi prodotti negli ultimi 3 anni – ma ancora molto legate alle generazioni over 40.
Sono rari i casi di forti responsabilità degli under 40 in azienda, rarissimi (il 6%) i casi di giovani alla guida dell’azienda con il ruolo di CEO, carica comunque sempre (per il 98% dei casi) in mano a un membro “senior” della famiglia.
Anche i manager esterni sono ancora una rarità, comparendo solo nel 25% dell’organizzazione delle aziende prese in esame.
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