Domani, nell'assemblea di Mediobanca, tornerà nell'aria la storia più avvincente del capitalismo nostrano: il futuro delle Generali. Non che lo preveda l'ordine del giorno. Ma è nell'ordine delle cose: l'assemblea dei soci arriva a poche settimane dall'ingresso della Delfin di Leonardo Del Vecchio nel capitale di Mediobanca con una quota del 7%, già salita al 7,5% (e in attesa di autorizzazione Bce per superare il 10). Che poi Del Vecchio, tramite l'ad di Delfin, Romolo Bardin, intervenga in assemblea non è certo. Ma quello che conta, in questa partita, sono i segnali. E l'ingresso del patron di Luxottica in Mediobanca è di quelli forti: è già il terzo azionista delle Generali, con il 4,9% dietro a Caltagirone (5,1%) e, soprattutto, dietro alla stessa Mediobanca (13%). Il che fa di Del Vecchio l'unico socio ad avere un peso nella compagnia triestina sia direttamente, sia indirettamente. Cosa avrebbe in mente?
Un'operazione come quella che ha portato a termine in Francia con il gruppo Essilor: una fusione che dà vita a un gigante del settore. E la Francia non è un caso: da anni si parla di un'operazione con Axa. Mai nata per motivi a volte tecnici, a volte finanziari, ma soprattutto politici, perché significherebbe passare allo straniero non un big della moda o delle merendine, ma il campione finanziario nazionale, con i suoi 500 miliardi di attività investite, di cui 60 in Btp.
Chiariamo però che non c'è un piano di Delfin su Generali. O almeno non è stato ancora trovato. Ma esistono fatti e indizi che, messi in fila, portano verso questo scenario. I cui contorni, finanziari e personali, dipenderanno da molti elementi. In questa chiave è centrale il ruolo di Unicredit, la banca guidata dal francese Jean Pierre Mustier, che di Mediobanca è primo socio, con l'8,8%. E che con Del Vecchio è in ottimi rapporti (l'imprenditore ha una quota di circa l'1%). I due sono stati dalla stessa parte, e contro Mediobanca, nella disputa per il futuro dello Ieo, (Istituto Europeo di Oncologia). In quel caso Unicredit vendette dei terreni vicini allo Ieo alla Fondazione Del Vecchio che propose poi di conferirli allo Ieo. Ciò avrebbe comportato un cambio nel controllo dello Ieo e Alberto Nagel, ad di Mediobanca (primo socio con il 25%) si oppose, avendo la meglio. Ma tra Mustier e Nagel non corre più buon sangue proprio per divergenze di vedute su Mediobanca. Mustier ha da tempo dichiarato che la quota nell'istituto è di natura finanziaria, non strategica: si può vendere. Ma nonostante il titolo abbia guadagnato il 40% in 12 mesi a 10,8 euro, Unicredit avrebbe un prezzo di carico storico sui 13 euro. In questa logica, Mustier vorrebbe un patto tra grandi soci più stringente e, inoltre, vorrebbe cambiare lo statuto là dove prevede che ad e dg di Mediobanca debbano essere scelti tra dipendenti della banca da almeno tre anni. Ebbene, su queste istanze né Nagel, né altri soci hanno seguito Unicredit. Così, quando Del Vecchio, dopo aver comprato il 7%, ha criticato la strategia di Mediobanca chiedendo discontinuità, a molti è parsa chiara la vicinanza con Unicredit. Anche se la banca non ha commentato la strategia di Nagel né in pubblico né, a quanto risulta, in cda. Preferendo dare il chiaro segnale di un osservatore che si tiene a distanza, concentrato sul proprio piano industriale, in agenda il 3 dicembre.
Fin qui gli elementi per tenere vicini Del Vecchio e Unicredit. In una filiera dove, oltretutto, si parla già il francese: quello di Essilor, di Mustier e pure di Philippe Donnet, ad delle stesse Generali e amico personale di Mustier. Francese è anche la banca, Natixis, che lavora con Del Vecchio alla «scalata» a Mediobanca. E francese è pure Vincent Bolloré, l'altro socio forte di Mediobanca (con il 7,8%) che sta fuori dal patto. E che alle Generali deve il suo ventennale interesse per l'Italia. Lo stesso Bolloré che, spregiudicatamente, con il gruppo Vivendi che controlla, si è già preso Telecom, provando poi a scalare anche Mediaset.
Per quanto riguarda gli altri attori, nelle Generali vanno capite le intenzioni di Francesco Gaetano Caltagirone, non tenero nei confronti delle scelte per il rinnovo del cda del 2018; e dei Benetton (4%), il cui manager di riferimento, Gianni Mion, siede nel cda di
Essilor-Luxottica. Riguardo a Mediobanca, va registrata la recente uscita del patron di Mediolanum, Ennio Doris, a favore di Nagel. Una posizione, in rappresentanza del mondo Fininvest-Mediolanum, di gran peso all'interno del patto.
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