Gli industriali sono stufi: "Basta con le chiacchiere"

Nel mega convegno di Milano poco entusiasmo e tanta stanchezza della base. L’addio della Marcegaglia. Intanto il Centro studi di Confindustria propone la sua agenda politica

Gli industriali sono stufi:  "Basta con le chiacchiere"

Sono quasi 3.300 le sedie schierate di fronte al grande palco allestito a Fiera Milano City, che ieri e oggi ospita il convegno di Confindustria «Cambia Italia. Riforme per crescere». Sono attesi imprenditori da tutta Italia per ascoltare Passera e Monti, massime voci del governo tecnico; nonché la loro presidente Marcegaglia, all’ultima uscita pubblica dopo 4 anni di regno; mentre in prima fila siedono Giorgio Squinzi e Alberto Bombassei, i duellanti per la successione, che verrà decisa dalla giunta dell’associazione tra soli 6 giorni. Il tutto nel pieno del dibattito sulla riforma del lavoro. Eppure, nonostante la coincidenza più unica che rara di cotanti motivi d’interesse, ieri non c’era grande entusiasmo. «Un convegno low profile», lo ha definito un veterano di Assolombarda, sottolineando la scarsa partecipazione e in generale la poca passione degli imprenditori presenti, testimoniata da tiepidi applausi e dall’attenzione quantomeno volatile a quello che accadeva sul palco. Ed è forse questa la grande verità che si respira in questa due giorni milanese: «Di fronte alla fervente attività di convegni, incontri e dibattiti di Confindustria la base dell’associazione è sempre più insofferente. Costano e non servono a niente». A parlare non è esattamente uno della base. Ma il concetto che esprime è largamente condiviso e non è che la prova della grande stanchezza che esce da una categoria, quella degli imprenditori, messa alle corde da tre anni di crisi economica e dal credit crunch.
Dopodiché, pur senza spellarsi le mani, l’opera di Passera e del suo governo incontra larghi consensi in platea: il dna prevalentemente di centro destra dell’imprenditore ha trovato nell’esecutivo tecnico molte risposte alle esigenze del «fare». Mentre l’ultima fase del governo Berlusconi aveva deluso più di uno. Anche se non mancava di dovuta rappresentanza, ieri a Milano, il partito degli scettici, dei sospettosi. Ma in generale ciò che viene diffusamente apprezzato in questa fase crepuscolare dell’era Marcegaglia è il passo indietro della politica. Non è più e non è tanto una questione di destra e sinistra, che pure aveva caratterizzato altri convegnoni del passato. Quanto la stanchezza per una politica inconcludente. Sia a destra, sia a sinistra.
In questa chiave non è stato però facile raccogliere pareri sul tema del giorno: l’elezione del prossimo presidente, che sarà decisa giovedì dal voto dei 187 membri di Giunta. In teoria qui gioca in casa Squinzi, che sta in Assolombarda e come tale dovrebbe avere il sostegno di Milano. Mentre Bombassei, che sulla carta è indietro rispetto al concorrente, ha colto l’occasione per convocare una sessantina di imprenditori tra i quali molti membri di giunta all’hotel Radisson: operazione di grande successo per i sostenitori del patron della Brembo. Un flop per la parte opposta, che ha contato solo 25 presenti. Tra l’altro, nella bozza di documento che Bembassei indirizzerà ai membri di giunta di Confindustria compare una accenno proprio al Centro Studi di Confindustria, che ha organizzato il convegno di ieri, in cui si parla dell’esigenza di una maggiore autorevolezza e indipendenza: un motivo in più di contrasto evidente con l’attuale gestione.
Quello che è sicuro è ciò che la platea chiede alla prossima Confindustria: una rappresentanza in grado di interpretare le mutate condizioni politiche ed economiche del Paese. Il governo tecnico ha mostrato che la forza dell’associazione non è più data dal «posto» al tavolo delle trattative governo-parti sociali. Monti-Passera-Fornero hanno superato questo modello, concordando le riforme (è stato il caso delle pensioni) con il Parlamento e andando solo in un secondo momento da Confindustria e sindacati. In questa chiave la forza della categoria è data esclusivamente da quella delle proprie imprese e dalla capacità di proporre riforme. Il tavolo conterà sempre di meno.
Se a questa domanda di cambiamento siano in grado di rispondere più compiutamente Squinzi o Bombassei è difficile dire: entrambi i sostenitori dell’una e dell’altra parte si attribuivano, ieri, i requisiti ideali.

In realtà quella che si sta osservando in questi due giorni milanesi è una Confindustria molto divisa, forse come mai nel recente passato. E la domanda da porsi è come potrà essere gestita questa situazione da venerdì prossimo in poi.
Twitter: @emmezak

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