Lavoro, la fuga dei giovani Imprese italiane a rischio

Perduti 2,4 milioni di occupati tra i 15 e i 34 anni. La proposta degli artigiani: "Patto sociale con gli immigrati"

Lavoro, la fuga dei giovani Imprese italiane a rischio
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Il calo demografico e l'invecchiamento della popolazione si riflettono nel mercato del lavoro con i dati che confermano le preoccupazioni delle aziende sul difficile reperimento del personale adeguato: rispetto a luglio 2004, anno di inizio delle serie storiche Istat, in Italia a luglio scorso erano occupati quasi 2,4 milioni di under 35 in meno mentre gli over 50 erano circa 4,5 milioni in più. I figli dei baby boomers che si affacciano sul mercato sono insomma circa la metà rispetto alla fascia dei loro genitori.

I numeri parlano chiaro: gli occupati tra i 15 e i 34 anni sono 5,3 milioni a fronte dei 7,7 milioni del luglio 2004 mentre gli over 50 sono 9,4 milioni, praticamente raddoppiati rispetto ai 4,8 milioni del luglio 2004 (+4,56 milioni). Il dato risente degli interventi di stretta sull'accesso alla pensione ma soprattutto del passaggio nella fascia più anziana dei lavoratori proprio dei baby boomers, ovvero dei bambini nati negli anni Sessanta. Tra i 50 e i 64 anni lavorano circa 8,7 milioni di persone e questo significa che circa 735mila lavoratori hanno almeno 65 anni.

E la contrazione nella fascia di età più produttiva della vita lavorativa sta arrecando grosse difficoltà alle aziende italiane, sottolinea la Cgia di Mestre, che rileva come molti imprenditori siano in difficoltà nell'assumere personale, non solo per lo storico problema di trovare candidati disponibili e professionalmente preparati, ma anche perché la platea degli under 34 pronta ad entrare nel mercato del lavoro si sta progressivamente riducendo. Per la Cgia negli ultimi dieci anni è sceso di quasi un milione il numero dei giovani tra i 15 e i 34 anni. A legislazione vigente, nei prossimi 5 anni quasi il 12% degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età. Con sempre meno giovani destinati a entrare nel mercato del lavoro, «rimpiazzare» una buona parte di chi scivolerà verso la quiescenza diventerà un grosso problema per tanti imprenditori.

Alla luce della denatalità in corso nel nostro Paese, per la Cgia appare evidente che per almeno i prossimi 15-20 anni si dovrà ricorrere stabilmente anche all'impiego degli extracomunitari. Per legge, sostiene l'associazione di categoria, si dovrebbe stabilire che il permesso di soggiorno, a eccezione di chi ha i requisiti per ottenere la protezione internazionale e di chi entra con già in mano un contratto di lavoro, andrebbe accordato a chi si rende disponibile a sottoscrivere un patto sociale con il nostro Paese. Se un cittadino straniero si impegna a frequentare uno o più corsi ed entro un paio di anni impara la nostra lingua e un mestiere, propone la Cgia, al conseguimento di questi obbiettivi lo Stato italiano lo regolarizza e gli «trova» un lavoro. Un'operazione però assai complessa, sia dal lato politico che da quello burocratico amministrativo.

L'occupazione complessiva è cresciuta in questi 19 anni di 1,1 milioni di unità grazie anche alla maggiore partecipazione al mercato del lavoro delle donne e della fascia più anziana bloccata in ufficio dalle diverse riforme previdenziali, ma la composizione della forza lavoro è cambiata in modo consistente proprio a causa della stretta all'accesso alla pensione e del calo demografico che ha ridotto le coorti più giovani. Il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni è passato dal 45,6% del luglio 2004 al 52,2% del luglio 2023, restando comunque lontano dalla media europea.

Per gli uomini la crescita del tasso di occupazione è stata meno consistente: dal 69,8% al 70,4%. In pratica le donne al lavoro sono 9,9 contro le 8,8 di luglio 2004 con un 1,1 milioni di persone in più concentrando l'intero aumento dell'occupazione complessivo.

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