Diceva Oscar Wilde che quando gli dei vogliono punirci, esaudiscono le nostre preghiere. L'aforisma non fa una grinza. Con la Cina, è semplicemente perfetto. Per mesi, mentre la Grande muraglia del lockdown teneva segregate milioni di persone, si è fatto il tifo perché riaprisse la Fabbrica del mondo. Da quei cancelli aperti dipendeva quali piega avrebbe preso il 2023, già segnato, ancor prima di nascere, dalle stigmate della recessione e dalla furia iconoclasta con cui le banche centrali stanno rottamando aiuti e tassi a buon mercato. L'euforia del 7 dicembre scorso, quando le rigide misure contro il Covid sono state allentate, è scemata, fino a scomparire, con l'aumento esponenziale dei contagi.
Un'incertezza che si mischia alla paura di ripiombare nell'incubo di un remake pandemico su amplissima scala e in una nuova depressione mondiale, è il tratto distintivo di questa coda d'anno. Nessun conforto arriva da Oriente, dove la situazione economica cinese racconta di un Paese, di fatto, ancora in piena paralisi. L'ultimo sondaggio compiuto dalla People's Bank of China (Pbc) è drammatico e inquietante. Oltre la metà delle imprese interpellate lamenta danni da Covid; l'Ism di manifattura e servizi è sceso sotto la soglia dei 50 punti, a indicare una conclamata contrazione dell'attività. Mentre ristoranti, palestre, hotel e altri servizi cittadini sono a corto di liquidità, cresce la sfiducia fra i cinesi che temono di perdere il posto di lavoro e vedono crollare le prospettive di reddito. La sindrome da trincea è già scattata: in vista di tempi bui, si consuma di meno e dei risparmia di più. Con tanti saluti a quella ripresa della domanda interna, falcidiata dalle clausure draconiane, che dovrebbe costituire una colonna portante di una Cina non più solo sorretta dall'export.
Poi, c'è il buco nero del settore immobiliare. Appena il 14% del campione ha confidato alla Pbc di attendersi un aumento dei prezzi delle case e solo il 16% ha dichiarato di volersi impegnare nell'acquisto di un immobile da qui ai prossimi tre mesi. Non potrebbe essere diversamente. I default di Evergrande, Sunac e China Resources Land hanno lasciato una voragine finanziaria - e di credibilità - difficile da colmare, malgrado le sei maggiori banche statali cinesi si siano dichiarate disponibili a offrire più di 925 miliardi di yuan (circa 125 miliardi di euro) per sostenere i promotori immobiliari. Il quadro fatto di recente da S&P Global è da sprofondo rosso: mutui per un controvalore pari a 2.400 miliardi di yuan (320 miliardi di euro) sono a rischio di insolvenza, soprattutto a causa di edifici mai completati che hanno acuito la percezione di un segmento economico totalmente affidabile. E questo sciopero delle rate potrebbe far collassare del 33% la vendita di case, mettendo ulteriormente all'angolo gli sviluppatori e in seria difficoltà il settore bancario.
Nonostante tutto ciò, il liberi tutti di inizio dicembre ha provocato un'ebbrezza collettiva ai limiti dell'ubriacatura, con vaticini sulla crescita economica 2023 che oscillano dal 5,2% dell'Economist al +6% di PwC e con attese di pronte revisioni al rialzo delle stime (finora caute) di Fondo monetario internazionale (+4,4%) e Banca Mondiale (+4,3%).
Con "Gryphon", l'ultima variante del Covid che già sempre svolazzare per il mondo, forse tanto ottimismo prematuro verrà meno. Per cui, val la pena di non dimenticare il grifun di De Andrè, quello che gira sempre attorno alla testa degli imbecilli.
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