Dopo i francesi e i cinesi, adesso arrivano i tedeschi. Il Made in Italy è in vendita. I nostri gioielli parlano una lingua che non è più quella italiana. Come ha ricostruito l'Huffington Post, soltanto nel 2014 sono 18 le imprese tricolore acquistate dalla Germania. Dalle motociclette Mv Augusta alla Ducati, dalla trevigiana Happy Fit alla bergamasca Clay Paky, dalla bolognese Egs, specializzata in protesi digitali e 3D per odontoiatria, aerospaziale e automotive alla milanese Ettore Cella, specializzata in termostati per l’industria chimica.
Se prima a farla da padrone erano i francesi (si pensi alle acquisizioni di Parmalat, Galbani, Eridania, Bulgari, Gucci, Bottega Veneta, Pomellato, Loro Piana e Edison) insieme con i cinesi (che a piccoli passi hanno comprato di tutto in Italia: dall'energia alle banche passando per le automobili), adesso le mani della Merkel arraffano i nostri gioielli. E lo fanno in modo più silenzioso con "strategie diverse dalle classiche acquisizioni crossborder francesi, cinesi o americane" e "puntando direttamente al cuore pregiato del made in Italy, la piccola media impresa con buoni prodotti e tecnologia inserita nelle filiere internazionali che la crisi rende sempre più esposta alle operazioni ostili", come scrive Alfieri sull'Huffington Post.
E se a questo quadro si aggiunge che dal 2008 a oggi sono quasi mille le aziende che sono passate in mani straniere, ecco che la situazione del nostro Made in Italy è davvero precaria. I motivi sono moltemplici:
538em;">i proprietari italiani devono avere a che fare ogni giorno con una politica fortemente penalizzante, con dei sussidi esagerati, con infrastrutture decadenti e tasse sempre più alte. E per molti il gioco non vale più la candela.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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