Accordo all'ultimo respiro. Dopo una lunga riunione a Palazzo Chigi il governo giallorosso è riuscito a sciogliere lo spinoso nodo sulle partite Iva.
La fumata bianca è arrivata sotto forma di una misura che mette d'accordo un po' tutti, o per lo meno cerca di farlo. Le novità più rilevanti sono due: resta il regime forfettario al 15% per le partite Iva che non superino il tetto dei 65 mila euro e saltano i limiti sui beni strumentali. Italia Viva, con Luigi Marattin, aveva chiesto di alzare o eliminare proprio questi ultimi, sia sui citati beni strumentali quanto su collaborazioni e costi del personale perché “è giusto che il regime forfettario rimanga il più possibile simile allo scorso anno”.
Resta il regime forfettario al 15%, saltano i limiti su beni strumentali
Alla fine non è andata così. Lo ha spiegato Luigi Di Maio: “C'è l'accordo sulle partite Iva, rimane il regime forfettario al 15% e soprattutto saltano i limiti sui beni strumentali che si volevano mettere. Intesa anche per quanto riguarda il resto, dal fondo sulle famiglie al cuneo fiscale”. E pensare che nel pomeriggio il ministro degli Esteri appariva molto più sfiduciato, visto che continuava a ripetere che non vi era alcun accordo e che molte cose dovevano “essere ancora sistemate”.
Per sintetizzare le novità più rilevanti, dal 2021 saranno escluse dal regime della flat tax le partite Iva che nel corso di quest'anno hanno accumulato più di 30 mila euro di reddito, derivante da lavoro dipendente o da pensione.
L'altro vincolo per accedere al regime agevolato riguarda le spese per il personale, le quali non dovranno superare i 20 mila euro. Salta, infine, il paletto sugli investimenti.Ricordiamo che inizialmente si parlava di una stretta sui requisiti di accesso e un ritorno al sistema analitico. L'esecutivo ha invece confermato il regime forfettario.
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