Niente più segreti. Il fisco ci spia e ciò vale anche per buona parte degli enti pubblici. La libertà individuale di ciascun individuo, di fronte al leviatano statale, si annichilisce. È così che il governo giallorosso concede più potere ai comuni italiani, potenziando l’accesso all’anagrafe tributaria. Sindaci e concessionari della riscossione potranno non solo accedere gratuitamente alle informazioni relative ai debitori presenti nell’anagrafe tributaria (aspetto già previsto dalla legge di Bilancio 2020), ma anche ai dati conservati da banche, poste e intermediari sulle operazioni finanziarie effettuate, ad eccezione di quelle di importo inferiore ai 1.500 euro.
Secondo Italia Oggi ci troveremo presto di fronte a comuni molto più forti e con capacità di riscossione potenziati. Quanto stiamo scrivendo è previsto da un emendamento, primo firmatario Mauro Maria Marino di Italia Viva, approvato al decreto Semplificazioni su cui oggi il Senato è chiamato a votare la fiducia. La misura aiuterà i comuni nella riscossione. Questo era già oggetto di intervento con la Manovra 2020, prevedendo l’immediata esecutività degli accertamenti tributari e degli avvisi di pagamento emessi dagli enti locali.
L’emendamento in questione è previsto dall’articolo 17 bis del dl. L’obiettivo è semplificare il processo di riscossione anche coattiva. E autorizza i comuni, ma anche i concessionari a cui gli enti creditori hanno affidato il servizio di riscossione delle proprie entrate, ad accedere gratuitamente all’anagrafe tributaria.
In questo quadro è utile richiamare un dato che non piacerà molto agli evasori: allo Stato conviene riscuotere le tasse non pagate. E così si rafforza quella tendenza pubblica a implementare la caccia agli evasori. Il fisco, in soldoni, ci dichiara guerra. Emerge che ogni euro speso dallo Stato per la lotta all’evasione ha un ritorno pari a più di otto euro. Il calcolo è compiuto analizzando i soldi portati a casa dall’Agenzia delle entrate nel 2019, pari a 17 miliardi di euro. E il costo del personale della stessa Agenzia, pari a due miliardi di euro.
Nell’ultima convenzione Mef - Agenzia delle entrate, valida per il 2020, si evidenzia infatti che i costi sostenuti per riscuotere cento euro sono pari a 67 centesimi, un trend in diminuzione rispetto all’anno prima, il 2019, quando ne servirono 71, e che l’amministrazione vuole ridurre ulteriormente il prossimo anno, abbassandoli fino 65 centesimi.
Nel 2019, come riporta sempre Italia Oggi, lo Stato ha incassato quasi 17 miliardi da quelle che sono considerate ordinarie attività di controllo. Un andamento in crescita del 4% rispetto al 2018, quando gli incassi arrivarono a 16,2 miliardi di euro. Di questo bottino recuperato, spiega la Corte dei conti, 11,7 miliardi arrivano dai versamenti diretti su atti emessi dalle Entrate (quindi non si tratta solo di adempimenti standard dei contribuenti). Oltre due miliardi sono invece frutto di attività di promozione della compliance (18% in più rispetto all’anno precedente) e tre miliardi sono ascrivibili a recupero derivante dalla riscossione coattiva, in questo caso un -4% rispetto al 2018.
Investire nella caccia ai furbetti, numeri alla mano, conviene. Conviene ovviamente per le casse dello Stato. Non ai "poveri" contribuenti.
Tartassati e vessati da un fisco che strangola le imprese e che, nei prossimi anni, si renderà ancora più vorace. "Al mondo di sicuro ci sono solo la morte e le tasse", diceva il grande Benjamin Franklin. Bene, questa appare l’ennesima conferma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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