
«Penso sia arrivato il momento di innovare il sistema della previdenza privata che, salvo limitati interventi, è ancora basato sulla riforma del 2005». Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti (in foto), nel suo intervento in videocollegamento all'inaugurazione del salone del Risparmio di Milano. Guardando al futuro, ha aggiunto, «è evidente che sarà sempre più essenziale il ruolo della previdenza complementare». Negli ultimi anni «l'adesione a tali forme è cresciuta costantemente», ha ricordato rilevando che «nonostante un trattamento fiscale di favore, non ha ancora raggiunto i livelli degli altri Paesi». Basti pensare che solo il 36% della forza lavoro ha selezionato questa possibilità (nonostante i versamenti annui siano deducibili per un massimo di 5.164 euro). Una percentuale di gran lunga inferiore a quelle di Germania (prossima al 90%) e Olanda (superiore al 95%). Una fotografia che si ripropone anche nel confronto tra i 1.500 miliardi di liquidità delle famiglie e i 2.500 miliardi di masse dell'industria italiana del risparmio gestito.
Il settore previdenziale, ha sottolineato il ministro, mostra segnali positivi. «Se guardiamo al sistema nell'ottica dei rendimenti, i risultati ottenuti nel 2024 dei fondi di previdenza complementare sono stati positivi», ha detto aggiungendo che «in particolare, i comparti azionari hanno registrato le performance migliori». E, poiché gli italiani hanno una tendenza naturale a risparmiare, Giorgetti ha evidenziato come questo fattore potrebbe essere determinante per promuovere questo tipo di cultura previdenziale ma in una chiave nuova considerato che le giovani generazioni paiono meno interessate a questi aspetti. Anche nel 2024, infatti, «la propensione al risparmio delle famiglie italiane ha continuato la sua espansione arrivando ad una crescita del 9 per cento». La discontinuità generazionale è, tuttavia, rilevante. «L'attitudine verso il risparmio dei giovani è molto, molto diversa da quella delle precedenti generazioni», ha precisato. Il ministro ha collegato questo cambiamento a un fenomeno economico e a uno antropologico.
«Il trend è influenzato certamente dalla contrazione dei redditi reali e dalla conseguente riduzione della quota da destinare al risparmio ma anche da fattori culturali». Ed è da questa dinamica che bisognerà partire per qualsiasi ipotesi di riforma.
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