Deboli segnali di ripresa. "Qualcosa si muove ma siamo lontani dal considerare chiusa la stagione nera dell’economia". Non c’è troppo ottimismo nelle parole del presidente della Confindustria Giorgio Squinzi che sceglie l’assemblea dell’Ance per intervenire nel dibattito politico chiedendo al governo Letta di fare di più.
In un momento cruciale per il futuro del Paese, gli industriale tornano a chiedere alla politica maggiore coraggio. Sul tavolo ci sono riforme molto importanti da approvare. Una volta sventato lo spauracchio dell'Imu e dell'aumento dell'aliquota Iva dal 21 al 22%, l'esecutivo è seriamente chiamato a mettere in cantiere quel piano economico necessario alla ripresa del Paese. L'abolizione della pressione fiscale non è sufficiente. "A un anno di distanza - ha spiegato il leader di viale dell’Astronomia - i nostri auspici per un’inversione di rotta che mettesse fine alla recessione faticano a realizzarsi". Qualche segnale di miglioramento c’è, ma non basta. Gli stessi numeri esposti in mattinata dall'Ance non fanno sperare in bene. Così, sebbene ieri l'Istat abbia registrato una timida ripresa dei consumi, la recessione non è stata ancora sconfitta. "A fine anno la caduta dovrebbe rallentare tanto che nel 2014 - ha rilevato Squinzi - dovremmo vedere un pil con segno positivo. Segno modesto soprattutto se non faremo interventi necessari". Ma questo è un dato che non riesce a soddisfare gli industriali. L'obiettivo degli analisti di via dell'Astronomia è una crescita stabile del 2%. "Un obiettivo ambizioso - ha commentato Squinzi - ma necessario per una ripresa". E quanto la situazione sia dura lo testimoniano, appunto, i dati resi noti proprio dall’Ance. "Le imprese sono ridotte allo stremo - ha spiegato il presidente Paolo Buzzetti in assemblea - dal 2008 abbiamo perso 690mila posti di lavoro considerando tutta la filiera delle costruzioni e si stima che 50-80mila persone, oggi in Cassa integrazione guadagni, potrebbero non essere reintegrate".
Dall’inizio della crisi economica circa 11.200 imprese edili sono fallite, mentre il 30% delle aziende non sono in condizioni di reggere un altro anno per mancanza di liquidità. Rispetto al 2007 il credito a sostegno delle imprese del settore è diminuito di 77 miliardi. Per questo l’associazione dei costruttori ha chiesto al governo Letta "una terapia choc per salvare il Paese dalla deindustrializzazione". Un vero e proprio piano Marshall per la ripresa. Le imprese vogliono soprattutto garanzie sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. "Anche grazie alla dura battaglia condotta dall’Ance, che è valsa all’Associazione il riconoscimento di rapporteur al Parlamento europeo - ha sottolineato Buzzetti - i primi pagamenti stanno arrivando. Ma è necessaria la garanzia che le imprese vengano pagate anche nel 2014. Mancano ancora all’appello 12 miliardi per il settore".
Con la nuova direttiva europea che sancisce l’obbligo di pagare a sessanta giorni, si sta poi attestando una progressiva ma lenta riduzione dei tempi di pagamento sui nuovi contratti. Tuttavia il rischio riscontrato è che le amministrazioni, a corto di fondi, comincino a ridurre le gare pur di non avere l’obbligo del pagamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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