Parte la stretta sul cashback: cosa si rischia

Nel mirino sono finite le operazioni di piccolo importo e ripetute a brevissima distanza. Così i furbetti rischiano di perdere il rimborso

Parte la stretta sul cashback: cosa si rischia

Continua a far discutere il cashback, la misura bandiera del Movimento 5 Stelle che ritiene si tratti di uno strumento fondamentale per far accelerare la transizione dei pagamenti elettronici e combattere l'evasione fiscale. A giugno scadrà il primo semestre del programma e dunque a fine mese la Concessionaria servizi assicurativi pubblici (Consap) erogherà i bonifici agli aventi diritto. Ma chi non ha raggiunto la soglia di operazioni necessaria per riscattare il cashback (al momento corrispondente al 27% del totale dei partecipanti) ovviamente rimarrà a secco. Probabilmente lo si deve anche ai controlli anti-furbetti avviati dal Ministero dell'Economia: da gennaio sarebbero stati registrati 107 milioni di transazioni per importi inferiori a 5 euro su un totale di 680 milioni di transazioni elaborate.

I pagamenti del cashback

La strategia portata avanti dai furbetti è chiara: effettuare operazioni di piccolo importo e ripeterle a brevissima distanza. In tal modo è possibile scalare la classifica del super cashback - per chi esegue più operazioni nell'arco del semestre - che porta al premio da 1.500 euro destinato a 100mila partecipanti. La classifica definitiva del primo semestre potrà essere visualizzata sull'app IO entro il 10 luglio. Mentre, tornando al cashback classico, i soldi arriveranno sui conti correnti tra luglio e agosto.

La mossa dei furbetti

La necessità di accelerare per una stretta anti-furbetti è stata dettata anche da quanto denunciato dai benzinai: c'è chi si reca negli impianti di rifornimento e fraziona un pieno di benzina in decine di pagamenti. La categoria degli impianti di carburante in Italia è stata la più colpita: le stime parlano di 20-30 milioni di transazioni abusive effettuate dai furbetti del cashback nelle stazioni di benzina. E Bruno Bearzi, presidente della Figisc-Confcommercio, a Il Messaggero ha sottolineato che il modus operandi resta sempre lo stesso: "I furbetti ancora oggi continuano ad approfittare delle aperture in modalità self-service degli impianti per frazionare i pagamenti quando fanno il pieno, con costi rilevanti per i gestori in termini di commissioni e non solo, pari in media a 100 euro di spese extra a impianto".

Il programma però non sembra essere in discussione: nei mesi scorsi il Senato ha bocciato la mozione di Fratelli d'Italia che chiedeva lo stop al cashback per destinare la somma stanziata per questa misura (pari a circa 5 miliardi di euro) allo scopo di sostenere il tessuto produttivo dell'Italia.

Anche perché Antonio Misiani del Partito democratico insiste per arrivare alla riduzione del peso dell'economia sommersa attraverso la massimizzazione dei pagamenti cashless: "I numeri ci dicono che il cashback sta riscuotendo un successo superiore alle aspettative. Il gradimento delle misure per ridurre l'uso dei contanti è alto".

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